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PG 35 - Padula

Autore/i della scheda: Isabella Insolvibile

Muro esterno del campo n. 35 Certosa di Padula (SA) - Archivio AUSSME, Fototeca 2 Guerra Mondiale Italia 507/635

Dati sul campo

Comune: Padula

Provincia: Salerno

Regione: Campania

Ubicazione: Certosa di San Lorenzo, Viale Certosa, 84034 - Padula

Tipologia campo: concentramento

Numero convenzionale: 35

Numero di posta militare: 3400

Campo per: ufficiali

Giuristizione territoriale: Difesa Territoriale Napoli

Scalo ferroviario: Padula Sicignano

Sistemazione: accantonamento

Capacità: 490

In funzione: da 04/1942 al 08/1943

Comando/gestione del campo: Col. Pasquale Santoro (4.1942-9.1942); Col. Giuseppe Cosentini (10.1942); Col. Mario Gori (11.1942-7.1943)

Cronologia:
Aprile 1942: alcune centinata di ufficiali britannici sono assegnati al campo
Settembre 1942: 14 prigionieri evadono dal campo. Altre fughe si verificheranno nei mesi successivi
Luglio-agosto 1943: il campo viene disciolto. I prigionieri sono trasferiti al campo 19 Bologna-Due Madonne

Presenza dei prigionieri alleati nel campo di Padula

Data Generali Ufficiali Sottufficiali Truppa TOT
1.4.1942   384 3 81 468
1.5.1942   390 6 135 531
1.6.1942   425 6 133 564
1.7.1942 2 399 6 134 541
1.8.1942 5 447 6 134 592
1.9.1942 5 471 5 130 611
30.9.1942 2 474 7 130 613
31.10.1942 2 424 7 128 561
30.11.1942 2 435 7 128 572
31.12.1942 2 439 7 129 577
31.1.1943 2 441 7 137 587
28.2.1943 2 444 7 137 590
31.3.1943 2 464 8 136 610
30.4.1943 2 473 8 130 613
31.5.1943 2 475 8 131 616
30.6.1943 2 473 8 132 615
 

Storia del campo

Il campo di Padula viene insediato, nell’aprile del 1942, all’interno della certosa di San Lorenzo, una struttura di grande pregio artistico e storico, secolarizzata in età napoleonica. Quello della Certosa è senza dubbio il più importante campo di concentramento della Campania. Il sito è riservato inizialmente ai soli ufficiali britannici, che occupano le celle dei monaci e il porticato del chiostro. Sebbene la posizione geografica offra accettabili condizioni climatiche, anche a Padula si risente della mancanza di riscaldamento e di altre carenze comuni a tutti i campi del territorio metropolitano italiano: latrine inadeguate, vitto e illuminazione insufficienti, fatiscenza delle strutture e degli equipaggiamenti, penuria dei rifornimenti e dei pacchi della Croce Rossa.
In compenso, i prigionieri di Padula godono di ampi spazi all’aperto dove praticare sport, fanno passeggiate all’esterno del campo, organizzano e seguono diversi corsi di studio. Così riferisce un capitano riguardo a un periodo, tutto sommato buono, passato nel campo:

Walks outside the camp have started, and I hope to go on one or two in a day or so. I am working on German and shorthand, but some law lectures are starting shortly. There are several barristers and solicitors here, and a few books now, and I’ll be concentrating on them when they start. I have been on a tour of this monastery, and it’s a most amazing place. Much of the best work was taken away by the French in Napoleon’s time, but there is a lot of wonderful stuff here still, particularly inlaid wood and stonework. Here is our daily routine: 7.30 P.T.; 8 o’ clock, coffee (of a sort), shave, and so on; 9.30, roll call followed by classes. 1.15, lunch-soup, macaroni in some form, and fruit. After that I usually work until four, when we have tea, then read until 5.30, when we have another roll call. Then a walk round the paddock, which is quite large. Dinner is at 7.15 – soup, a fairly substantial second course, usually some sort of stew, and sometimes sweet. After that we usually make cocoa, cofee, or something of that sort out of parcels. The only fly in the ointment at the moment is that the Red Cross parcels are running out again. We are supposed to get one a week, but I’ve actually had the rather improbable amount of five and three-eight parcels in six months. [Barber, pp. 75-76]


Al di là delle criticità canoniche, dunque, ciò che davvero complica la permanenza dei prigionieri all’interno del campo è il rapporto con i detentori, difficile in particolare con alcuni di essi, come con l’ufficiale a capo della sicurezza, il capitano Francesco Gatti, descritto da alcuni testimoni come irascibile e violento. Gatti non è l’unico componente dello staff italiano che verrà ricordato per i modi brutali con i quali tratta i prigionieri. In particolare, questi ultimi faranno riferimento alle punizioni comminate ai prigionieri che tentano la fuga, cosa che accade di frequente. I fuggitivi ricatturati vengono picchiati, denudati e ammanettati al sole o sotto la pioggia e la neve (almeno secondo le fonti inquirenti britanniche, mentre i rapporti della Croce Rossa attestano la «scrupolosa applicazione delle norme della Convenzione»).
Le fughe da Padula sono numerose e ben congegnate dall’attivissimo Escape Committee del campo. Clamorosa è l’evasione, realizzata nella notte tra il 12 e il 13 settembre 1942, di ben 14 prigionieri, 13 ufficiali e un soldato. Verranno tutti ricatturati, ma non prima del 25 settembre, con gli ultimi tre acciuffati addirittura a Bisceglie, sulle coste pugliesi. Il colonnello comandante del campo è destituito dall’incarico e sostituito.
Il 10 febbraio 1943 quattro prigionieri provano a evadere con indosso uniformi italiane da carabinieri, da loro stessi cucite, e finti fucili. Vengono scoperti, condannati a 30 giorni di arresti e poi, probabilmente, trasferiti a Gavi. Nell’estate successiva i detentori scoprono un tunnel prima che esso possa essere utilizzato.
Un altro, particolare, tentativo di “evasione” avviene al momento dell’evacuazione del campo, nell’agosto 1943. Il soldato Glyndwar Davies e cinque commilitoni si nascondono nell’intercapedine tra il tetto e la cucina degli ufficiali. Ci rimangono per tre giorni, nel tentativo di non farsi trasferire e attendere l’arrivo degli Alleati, che sanno essere sbarcati in Sicilia. Vengono però scoperti e malmenati da carabinieri e guardie. Per quest’atto di violenza il comandante Gori verrà processato. Secondo le fonti, gli ufficiali nascosti saranno anche altri, e ci vorranno ben 14 giorni per scovarli tutti. Un ultimo tentativo di fuga relativo a Padula avviene dal treno che trasferisce i prigionieri verso nord.
Il campo risulta «ripiegato» dalla data del 28 luglio 1943. I prigionieri sono trasferiti, entro l’agosto, al campo 19 di Bologna-Due Madonne.
Il comportamento dei comandanti del campo diviene nel dopoguerra oggetto d’indagine da parte della magistratura militare britannica, per violazioni della Convenzione di Ginevra e crimini di guerra. I colonnelli Pasquale Santoro e Mario Gori sono accusati di maltrattamenti e negligenza nei confronti dei prigionieri. Non si hanno notizie sulla conclusione dell’indagine che, quindi, si suppone si sia conclusa con un nulla di fatto. Tuttavia, Gori viene anche accusato di aver malmenato i prigionieri che si sono nascosti durante l’evacuazione del campo. Dopo qualche perplessità, il processo è celebrato alla fine del 1946 e il colonnello venne condannato a due mesi di prigione.
Il capitano Gatti, invece, viene indagato per un episodio relativo alla fase di trasferimento: durante il viaggio in treno verso Bologna, il tenente Stephen Piper tenta la fuga ma viene ripreso e malmenato da un carabiniere rimasto ignoto e dallo stesso capitano. Quest’ultimo proverà a giustificarsi adducendo disturbi nervosi causatigli da una ferita riportata durante la Grande Guerra. Nel maggio 1946 viene condannato a sei mesi di prigione. Scrive Garwood-Cutler:

The parties in the Gatti trial seemed to be confused about whose side they were on. Gatti admitted losing his head and hitting the victim with his two fists, figuring that that was not so bad a crime as standing on the victim's chest, as the latter accused. The victim, however, admitted to having been in the process of escape when he was allegedly ill-treated. Gatti felt justified in his actions, he said, because the victim had «put his tongue out» at him. The defense attorney could not resist political comment: «The Italians are your fnends; Mussolini was your enemy. Apply humanitarian principles to this case. Gatti . . . had every provocation». The prosecution countered that «provocation does not excuse striking a bound and escorted man», which the court evidently bought in finding Gatti guilty. [Garwood-Cutler, p. 97]


Il campo, già utilizzato per prigionieri austroungarici durante la Grande Guerra, alla fine del secondo conflitto mondiale diviene uno dei più importanti siti di detenzione per prigionieri fascisti e nazisti, il 371° P.W. Camp. Ospiterà anche civili accusati di collaborazionismo. Successivamente torna alla funzione prebellica di orfanotrofio. Oggi è un sito turistico noto in particolare per il patrimonio artistico che conserva. Nel 1998 l’UNESCO ha dichiarato la Certosa patrimonio dell’umanità.

Fonti archivistiche

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