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Richard Crawsney Partridge

WO 208/3324/166

Richard Crawsney Partridge, un agricoltore gallese in servizio in Nord Africa, viene catturato a Benghazi il 28 gennaio 1942. Non ha ancora compiuto ventidue anni. In Italia transita per il PG 66 di Capua e quindi per il PG 35 di Padula, dove resta per più di un anno, dal marzo 1942, fino al giugno 1943. Durante questo periodo, partecipa allo scavo di un tunnel «lungo circa 80 metri, al di sotto del pavimento della [baracca] e fino ad un campo di mais». Il primo gruppo di “scavatori” riesce ad evadere, ma sono tutti ricatturati nel giro di due settimane. Il secondo, di cui fa parte anche Partride, non può nemmeno tentare, perché le guardie scoprono il tunnel durante la fuga del primo gruppo.

Infine, viene trasferito al PG 19 di Bologna, dove subito si dà allo scavo di un nuovo tunnel al di sotto della mensa. Tuttavia, «prima che potessimo finirlo fu proclamato l’Armistizio». I tedeschi occupano rapidamente il campo e Partridge ed i suoi compagni di scavo tirano a sorte per decidere che si nasconderà nel tunnel.

I sei furono: il tenente Cross […], il capitano Blackman, il tenente Harris […], un paracadutista russo, il tenente Peter […] (ne ho dimenticato il cognome), io, ed un altro ufficiale che ci ripensò all’ultimo momento. In cinque ci nascondemmo nel tunnel per 30 ore. Poi, il calore e l’aria viziata ci costrinse ad uscire. Emergemmo dal tunnel nella mensa e quindi passammo la recinzione spezzata con il favore delle tenebre. Era l’11 settembre ’43.

Partridge ed il paracadutista russo si allontanano verso Rimini ma sono intercettati da alcuni carabinieri nel borgo di Brisighella. Dopo due giorni passati in cella, i due vengono consegnati alle forze tedesche di stanza a Forlì.

Dicemmo di essere soldati semplici e ci portarono alla caserma dell’artiglieria di Bologna, dove lavorammo nell’arsenale. La nostra squadra di 45 [uomini] lavorava sui fucili e riuscimmo a rimuovere i bulloni dalla metà dei fucili che maneggiammo. […] Riuscimmo anche a rubare degli utensili.

Una settimana dopo, i prigionieri vengono caricati su un treno diretto in Germania. Gli strumenti rubati a Bologna giocano quindi un ruolo chiave. «Riuscimmo a rimuovere le ventole dal vagone piombato su cui stavamo viaggiando e la notte del 24 settembre ’43, il soldato semplice Moorcroft, delle forze sudafricane, ed io saltammo giù dal treno vicino a Treviso e ci dirigemmo sulle montagne».

Il 5 ottobre 1943, i due si imbattono in due partigiani vicino a Conegliano, i quali li conducono ad una baracca sui monti. Partridge e Moorcroft restano lì per un periodo imprecisato, fino all’arrivo di un altro ufficiale alleato, un sergente maggiore proveniente dal comando partigiano di Brescia (probabilmente un agente di collegamento). L’ufficiale sosta nella zona, richiedendo anche un aviolancio di armi e provviste per i partigiani, e quindi si allontana verso Udine. Moorcroft, invece, probabilmente su indicazione dell’ufficiale, parte per Brescia, per informare il comando. «Fu l’ultima volta che vidi entrambi».[1]

Partridge si sposta verso il villaggio di Miane, dove si unisce ad una banda partigiana guidata da un ufficiale italiano e da uno Alleato, il capitano John Heslop, al comando di circa 50 ex-prigionieri di guerra. Tuttavia, dopo un attacco tedesco che porta alla cattura di alcuni partigiani e di tutta la loro documentazione, la banda si sfalda e Partridge raggiunge il borgo di Pielungo il 26 dicembre 1943, dove resta per tre mesi «protetto da un ricco italiano che viveva a San Vito al Tagliamento. Aveva aiutato molti altri prigionieri fuggiaschi».

Con l’arrivo della primavera, Partridge si rimette in moto e, alla fine di aprile 1944, torna a Miane, dove si unisce a duna banda di comunisti. Il suo intento è trovare Heslop, «alla fine, lo trovai a vivere in una baracca nei boschi. Veniva rifornito di cibo dai locali». Partridge si stabilisce infine a Pezzo (sic.), dove si unisce ad un’altra banda garibaldina. «Facemmo saltare le ferrovie e attaccammo molte volte le guarnigioni tedesche». La banda cresce fino a 200 uomini ma presto Partridge decide di lasciare la zona. Ha infatti saputo che un agente britannico, «Beckett» è stato paracadutato vicino a Pielungo e vuole raggiungerlo.

«Beckett» era il nome de guerre del conte Manfred Czernin, rampollo della vecchissima aristocrazia europea. Czernin era un agente sello Special Operations Executive (SOE) e si trovava in Friuli per prendere contatto con le bande locali ed organizzarle. Partridge lo incontra mentre si trova ospite della brigata Osoppo, forse proprio vicino a Pielungo (dove era atterrato Czernin). L’agente decide che sia arrivato per lui il momento di tornare a casa, per riferire ai comandi Alleati le informazioni che aveva appreso durante il suo periodo di vita con i partigiani italiani.

L’8 giugno 1944, dunque, Partridge parte con un gruppo di dieci fuggiaschi sudafricani e britannici. Il gruppo marcia senza risparmiarsi. Guadano il Tagliamento e raggiungono Cividale del Friuli. Passano quindi l’Isonzo a Caporetto. Infine, giungono a Chiapovano, dove è installato il 9° Korps sloveno. Qui, incontrano due agenti di collegamento britannici, i quali li indirizzano ancora più a sud nei Balcani. Il gruppo passa quindi per San Pietro e Postumia, per poi entrare in Yugoslavia alla fine di giugno.

Partridge viene così evacuato per via aerea il 27 agosto 1944 e raggiunge Bari, per poi essere spostato immediatamente a Monopoli, sede del comando del SOE. Qui, viene interrogato dal colonnello Wilkinson e dal tenente Brown del servizio, prima di essere riportato a Bari. Partridge evidentemente viene giudicato un individuo potenzialmente utile, poiché resta un mese a Bari e si parla anche di rimandarlo sulle Dolomiti con una radio ed una missione di collegamento. Tuttavia, alla fine fu deciso che «il piano non valeva la fatica, per via di un cambiamento nella situazione degli Alleati» (l’arenarsi dell’offensiva sulla Linea Gotica).

Partridge può quindi tornare nel Regno Unito. Salpa infatti da Napoli l’8 ottobre 1944 e giunge a Liverpool il 20 dello stesso mese. Sono passati quasi tre anni dalla sua cattura in Libia.

 

Bibliografia/Fonti

TNA WO 208/3324/166, Partridge, R C. Escape/Evasion Reports: Code MI9/SPG: 2662.

 


Note:

[1] Non sappiamo se Moorcroft abbia mai raggiunto Brescia, ma risulta un ex-prigioniero di nome Moorcroft, sudafricano, tra i collaboratori della missione di collegamento britannica «Gela» sul monte Grappa. Purtroppo, non sappiamo se sia sopravvissuto al durissimo rastrellamento del settembre 1944.