Autore/i della scheda: Costantino Di Sante
Palazzina del comando del campo di concentramento n. 59 di Servigliano (FM) - Archivio AUSSME, Fototeca 2 Guerra Mondiale Italia 507/ 648
Dati sul campo
Comune: Servigliano
Provincia: Fermo
Regione: Marche
Ubicazione: Servigliano - Servigliano
Tipologia campo: concentramento
Numero convenzionale: 59
Numero di posta militare: 3300
Campo per: sottufficiali – truppa
Giuristizione territoriale: IX Corpo d’Armata
Scalo ferroviario: Servigliano
Sistemazione: baraccamento
Capacità: 2000
In funzione: da 02/1942 al 14/09/1943
Comando/gestione del campo: Col. Enrico Bacci
Cronologia:
5 gennaio 1941 con l’arrivo del corpo di guardia il campo viene ufficialmente riaperto
Febbraio 1942 arrivo dei prigionieri britannici
11 settembre 1942 dodici prigionieri evadano dal campo
Febbraio 1943 gran parte dei prigionieri britannici sono trasferiti al campo di Sforzacosta
14 settembre fuga in massa dal campo
Presenza dei prigionieri alleati nel campo di Servigliano
Data | Generali | Ufficiali | Sottufficiali | Truppa | TOT |
1.3.1942 | 3 | 221 | 1773 | 1997 | |
1.5.1942 | 3 | 233 | 1713 | 1949 | |
1.6.1942 | 2 | 233 | 1709 | 1944 | |
1.7.1942 | 2 | 233 | 1709 | 1944 | |
1.8.1942 | 3 | 226 | 1631 | 1860[1] | |
1.9.1942 | 1 | 203 | 2169 | 2373 | |
30.9.1942 | 4 | 232[2] | 1627 | 1861 | |
31.10.1942 | 4 | 234[3] | 1607[4] | 1841 | |
30.11.1942 | 5 | 234 | 1632[5] | 1871 | |
31.12.1942 | 5 | 263[6] | 1744[7] | 2012 | |
31.1.1943 | 5 | 186[8] | 1363[9] | 1682 | |
28.2.1943 | 5 | 212[10] | 987[11] | 1199 | |
30.4.1943 | 5 | 308[12] | 1591[13] | 1899 | |
31.5.1943 | 5 | 375[14] | 1734[15] | 2109 | |
30.6.1943 | 5 | 406[16] | 984[17] | 1390 | |
31.8.1943 | 6 | 460[18] | 949[19] | 1415 |
Storia del campo
Il campo per prigionieri di guerra di Servigliano, all’epoca in provincia di Ascoli Piceno oggi di Fermo, dopo quello di Sulmona fu la seconda struttura ad entrare in funzione nella Penisola. Anche in questo caso si tratta di un campo che era già stata utilizzato durante la prima guerra mondiale. Nel 1915 l’area dove poterlo realizzare fu resa disponibile grazie all’allora sindaco e deputato Guerino Vecchiotti.
Costruito su una superficie di tre ettari e mezzo, fu diviso in due settori (A e B) e delimitato da una cinta di mura di circa tre metri costituito da 32 baracche di legno con una capacità di 4.000 posti complessivi. Durante la Grande guerra ospiterà i prigionieri austroungarici dall’agosto 1916 fino al dicembre 1919. Nel primo dopoguerra fu utilizzato come deposito da parte della sezione distaccata di artiglieria di Ancona. Nella seconda metà degli anni trenta il settore B fu ceduto al locale dopolavoro per permettere la costruzione di un campo da calcio che è tutt’ora esistente.
Verso al fine del 1940, dopo alcuni lavori di ristrutturazione delle vecchie baracche e la costruzione di nuove strutture, in poco tempo fu riorganizzato e il 5 gennaio 1941 fu ufficialmente riaperto. Dopo alcune settimane vi saranno ospitati dei prigionieri greci. Tra la fine del 1941 e il gennaio 1942 i greci furono trasferiti in altre strutture e al loro posto arrivarono circa 2.000 prigionieri dell’esercito britannico catturati sul fronte libico di varie nazionalità: inglese, australiana, cipriota, canadese, neozelandese, irlandese, maltese, norvegese, palestinese, norvegese e polacca. La presenza dei prigionieri britannici resterà prevalente fino alla primavera del 1943, quando con il loro trasferimento in altri campi, soprattutto in quello di Sforzacosta (MC), e l’assegnazione ai distaccamenti di lavoro, a Servigliano si registrerà un progressivo aumento di prigionieri americani che fino all’armistizio saranno la maggioranza.
Poco dopo la sua apertura, vista l’insufficienza del materiale di casermaggio e lo spazio limitato all’interno dei 14 baraccamenti di legno, che misuravano 30x10 metri e utilizzati come dormitori, lo Stato maggiore decise di limitare la capacità da 3.000 a 2.000 posti. All’interno del perimetro del campo due altre baracche furono utilizzate per il magazzino e per le attività ricreative, mentre in altri tre edifici servirono per l’infermeria, la cucina e le docce. Mentre le baracche esterne furono utilizzate per il corpo di guardia e per gli uffici dell’amministrazione del campo.
In media, una cinquantina di prigionieri erano impiegati nelle attività di manutenzione e nell’amministrazione del campo ricevendo una doppia razione di cibo. Altri lavorarono, dietro un compenso mensile, nella falegnameria o come sarti, calzolai e barbieri. Grazie ad una colletta i prigionieri riuscirono ad acquistare anche alcuni strumenti musicali riuscendo a costituire una banda musicale. Nel novembre del 1942, grazie all’arrivo di un migliaio di libri, nel campo fu allestita anche una biblioteca e perfino attivata una scuola con corsi in lingue straniere.
Nei primi mesi di funzionamento del campo i prigionieri inglesi si lamentarono per diverse disfunzioni: i dormitori erano senza riscaldamento, le latrine non adeguate, il vitto era insufficiente, il servizio postale era poco efficiente e i pacchi arrivavano con molto ritardo e spesso venivano consegnati con evidenti segni di manomissione, inoltre, il fango che si veniva a determinare nei giorni di maltempo rendevano inutilizzabili gli spazi esterni. Il disagio maggiore era dovuto alla deficienza dell’impianto idrico che non permetteva di avere un sufficiente flusso d’acqua. In alcuni giorni, soprattutto di notte, l’acqua veniva perfino a mancare del tutto. L’impianto idrico fu definitivamente sistemato verso la fine del 1942 e anche diversi servizi furono migliorati nel corso del tempo rendendo le condizioni di vita del campo accettabili.
Rispetto ai soldati britannici a quelli americani fu riservato un trattamento meno severo. Oltre ad avere il permesso di indossare le divise senza le toppe rosse che indicavano lo status di prigionieri, agli americani fu permesso di poter dormire con le lenzuola quando da diversi mesi erano state confiscate agli inglesi. Probabilmente la maggiore severità nei loro confronti fu dovuta ai tentativi di fuga che alcuni soldati inglesi avevano cercato di mettere in atto. Uno dei più clamorosi fu quello che avvenne tra l’11 e il 12 settembre 1942, quando dodici prigionieri riuscirono ad evadere. Presto furono ricatturati e condannati a 10 giorni di isolamento. Uno di loro si ammalò durante la detenzione e, a causa della non curanza da parte delle sentinelle, morì più tardi in ospedale. Nel campo si registrarono altri tre decessi, tutti dovuti alle difficoltà di riuscire a curare i prigionieri malati. Per due di essi, in particolare per la morte per appendicite perforante del sergente inglese Riley Rudd, fu ritenuto responsabile il comandate Bacci. Nel dopoguerra Bacci fu processato per crimini di guerra ma grazie ai giudizi positivi degli ispettori della Croce rossa fu dichiarato innocente.
Vista la vicinanza del campo al centro storico della città, i prigionieri ebbero varie occasioni di stabilire dei contatti con la popolazione locale. Molte di queste occasioni furono favorite dal mercato nero. Parte del contenuto dei pacchi (tabacco, saponette e cioccolato) veniva barattato con del cibo. Seppure illegali questi scambi furono tollerati. Inoltre, Servigliano fu anche utilizzato dal regime come comune d’internamento e diversi stranieri, anche di lingua inglese, ebbero occasione di fraternizzare con i prigionieri. Queste relazioni furono denunciate dalle autorità locali al Ministero dell’interno che, nel novembre del 1942, decise di trasferire gli internati in altri comuni.
Nei giorni seguenti alla dichiarazione dell’armistizio, vista l’iniziale contrarietà del comandante Bacci a lasciare liberi i prigionieri, il capitano medico John Dereck Millar prese in mano la situazione. Il 14 settembre 1943 organizzò la fuga di massa. Circa 1.500 prigionieri scapparono, in parte da una breccia praticata sul muro di cinta altri, con la complicità delle guardie italiane, dai cancelli disperdendosi nelle campagne della valle del Tenna. Non pochi trovarono ospitalità tra le famiglie contadini e non pochi nel paese di Monte San Martino (MC), tra di essi anche Keith Killby. Nel 1989, in riconoscenza a quanti salvarono i prigionieri di guerra alleati dopo l’8 settembre, Killby fonderà il Monte San Martino Trust.
Dopo la fuga dei prigionieri e la dissoluzione del corpo di guardia, il campo subirà alcuni saccheggi da parte della popolazione locale. Il 22 settembre 1943 un autocolonna tedesca prende possesso della struttura. Il 5 ottobre seguente il locale comando tedesco ordina che tutti gli ebrei della provincia siano internati a Servigliano. Dopo pochi giorni Servigliano, sotto la giurisdizione della Rsi, riapre come campo di internamento provinciale. Fino al 20 giugno 1944 vi furono internati circa 300 ebrei, alcune centinaia di sudditi nemici e una ventina di familiari di renitenti alla leva. Per favorirne la fuga il campo fu più volte attaccato dai partigiani. Nel maggio 1944 un ebreo anconetano, Vito Haim Volterra, insieme ad altri resistenti ed ex prigionieri di guerra inglesi che si erano rifugiati a Monte San Martino, organizzarono l’«operazione Servigliano». I partigiani, venuti a sapere che il mattino seguente gli ebrei sarebbe stati trasferiti verso nord, riuscirono ad avvisare gli alleati i quale nella notte tra il 3 e il 4 maggio bombardarono il campo favorendo la fuga degli internati. Grazie a questa azione, una delle poche in Europa, parte degli ebrei riuscirono a salvarsi dalla deportazione.
Dopo la liberazione la struttura fu utilizzata dai soldati polacchi per delle esercitazioni militari e fino al luglio del 1946 per ospitare dei rifugiati croati. Diventato un «Centro di raccolta profughi», accolse diverse migliaia di profughi italiani del confine orientale e dell’oltremare.
Dopo la definitiva chiusura del centro profughi, nell’estate del 1955 le baracche esterne furono vendute ad alcune famiglie che ancora oggi le abitano, mentre le altre man mano si deteriorarono. Nel 1978 il comune di Servigliano, che aveva acquistato l’area dell’ex campo nel 1973, iniziò l’opera di riqualificazione. Le baracche interne furono demolite e fu realizzato l’attuale «Parco della Pace» con una palestra e un campo da calcio. Solo il muro di cinta e una lapide posta nel 1993 dai soldati inglesi rimasero come segni originari che per diversi anni hanno ricordato l’esistenza del campo di concentramento. Per tutelare e valorizzare la storia del campo, nel 2001 fu fondata l’associazione Casa della Memoria. Nel 2012 la provincia di Fermo ha recuperato l’ex stazione ferroviaria adiacente il campo e il 2 marzo 2022 il sito è stato riconosciuto dal parlamento italiano «Monumento nazionale».
Fonti archivistiche
- Archivio Apostolico Vaticano, IAC, UIV, Sez. Segr., b. 518, f. 29
- Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Aeronautica, Gabinetto, b. 70, Verbali e Notiziari della Commissione Interministeriale per i Prigionieri di Guerra
- Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Direzione Generale Pubblica Sicurezza, A5G, II GM, bb. 116, 117, 118 e 140, Verbali e Notiziari della Commissione Interministeriale per i Prigionieri di Guerra
- Archivio di Stato di Ascoli Piceno, Fondo Comune Prefettura, b. 70
- Archivio di Stato di Ascoli Piceno, Fondo Questura. Divisione Gabinetto Cat. A13 B, bb. 2, 3
- Archivio di Stato di Fermo, Fondo famiglia Vecchiotti, b. 18
- Archivio Ufficio Storico Stato Maggiore dell’Esercito, H8, b. 79
- Archivio Ufficio Storico Stato Maggiore dell’Esercito, L10, b. 32
- Archivio Ufficio Storico Stato Maggiore dell’Esercito, N1-11, DS dello Stato Maggiore Regio Esercito-Ufficio Prigionieri di Guerra, bb. 667, 740, 843, 1130
- The National Archives, TS 26/774
- The National Archives, TS 26/95
- The National Archives, WO 224/115
- The National Archives, WO 224/123
- The National Archives, WO 311/335
Bibliografia
- Absalom R., A Strange Alliance. Aspects of escape and survival in Italy 1943-45, Firenze, Olschki, 1991 trad. it. L’alleanza inattesa. Mondo contadino e prigionieri alleati in fuga in Italia (1943-1945), Bologna, Pendagron, 2011
- Broadbent G., Behind enemy lines, Bognor Regis, Anchor, 1985
- Corvaro S., Tutti ne avevano uno. La Resistenza non armata al nazifascismo a Fermo 1943-1944, Capodarco (FM), Associazione Casa della Memoria Servigliano, 2011
- Di Sante C., L’internamento civile nell’Ascolano e il campo di concentramento di Servigliano (1940-1944), Ascoli Piceno, ISML di Ascoli Piceno, 1998
- Di Sante C., L’internamento civile e i campi di concentramento nelle Marche, in P. Giovannini (a cura di), "L’8 settembre nelle Marche. Premesse e conseguenze", Ancona, Il Lavoro Editoriale, 2004
- Ieranò F., Antigone nella Valle del Tenna, Ancona, Quaderni del Consiglio Regionale delle Marche, 2002
- Insolvibile I., I prigionieri alleati in Italia 1940-1943, tesi di dottorato, Dottorato in "Innovazione e Gestione delle Risorse Pubbliche", curriculum “Scienze Umane, Storiche e della Formazione”, Storia Contemporanea, Università degli Studi del Molise, anno accademico 2019-2020,
- Millozzi G. , Prigionieri alleati. Cattura, detenzione e fuga nelle Marche, 1941-1944, Perugia, Uguccione Ranieri di Sorbello Foundation, 2007
- Page A., Una bella passeggiata. A Walk in Watertime Italy, Swindon, Newton, 1995