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David Neil

WO 208/3325/59

Il Sergente David Neil, scozzese di Alloa, un borgo poco a nord di Edimburgo, viene catturato con tutta la sua unità a Sidi Rezegh (Libia) durante le prime fasi dell’Operazione Crusader il 23 novembre 1941. Dopo circa tre settimane a Benghazi, viene trasferito in Italia, prima a Brindisi, dove resta solo due settimane, e quindi al PG 59 di Servigliano, dove arriva il giorno di San Silvestro del 1941.

Neil entra rapidamente a far parte di un gruppo di prigionieri che sta pianificando la fuga dal campo. In tutto i prigionieri sono tredici e riescono a scavare ben tre tunnel durante l’estate del 1942. Sfortunatamente, tutti i loro tentativi vengono scoperti dalle guardie.

Scavammo poi un quarto tunnel partendo da sotto il pavimento di cemento di una delle baracche in cui un certo numero di noi dormiva. Questo tunnel ci tenne occupati per quindici giorni. I soli strumenti a nostra disposizione erano dei pezzi di ferro, e la terra veniva spostata usando scatole della Croce Rossa e quindi scaricata in un gabinetto. Riuscimmo ad uscire usando questo tunnel, nell’agosto o nel settembre 1942, sbucando al di sotto del deposito pacchi [della Croce Rossa] e non lontano da una guardiola.

Usciti dal tunnel, i prigionieri si dividono e Neil prosegue in coppia con il sergente Powell. I due raggiungono Santa Vittoria in Matenano, pochi kilometri a sud del PG 59 e qui vengono fermati da un italiano che parla inglese.

Powell, che parlava tedesco, sostenne che fossimo tedeschi e l’uomo ci permise di proseguire. Tuttavia, poco dopo, fummo fermati da alcuni fascisti in macchina e fummo riportati nel campo a Servigliano. Ci fu inflitta una sentenza di dieci giorni in cella e quindi di quindici giorni di “arresti all’aperto” durante i quali dovemmo dormire in cella durante la notte. Tutti i fuggiaschi furono ripresi. Uno di loro, il caporale Park, si ammalò in cella e morì qualche giorno dopo in ospedale.

Ritenuto evidentemente una presenza indesiderata, Neil viene spostato al PG 53 di Macerata nel settembre del 1942, dove resta per un anno, fino alla proclamazione dell’Armistizio l’8 settembre 1943.

Tra il 15 ed il 16 settembre, Neil, insieme a centinaia di altri prigionieri, abbandona il campo, poiché si è sparsa la voce che i tedeschi stiano per occuparlo. Insieme al granatiere Edward Welsh, e agli autisti John Walker e John Woodhouse, raggiunge il villaggio di Mogliano, dove un contadino li accoglie in casa sua fino al 10 dicembre. Tutto il villaggio contribuisce a sfamarli ed è evidente che i quattro non sono i soli fuggiaschi accolti dalla popolazione del posto. Il 10 dicembre, il sergente Ford, un altro fuggiasco, viene ucciso da un fascista, il quale ferisce anche un altro soldato che era con lui. Tuttavia, quest’ultimo viene nascosto dagli abitanti paese paese.

Temendo che l’episodio possa ripetersi, i quattro decidono di dividersi ed allontanarsi dal paese. Neil e Welsh si spostano così nella vicina Macina.

Fummo accolti da un contadino. Alle 3:00 del 1 gennaio ’44, un gruppo di fascisti da Corridonia fece irruzione. Welsh ed io fummo presi con il nostro ospite e suo fratello e portati nel carcere di Macerata. Io e lui indossavamo solo una canottiera e dei vecchi calzoni, e faceva un freddo cane. Da Macerata Welsh ed io fummo portati direttamente al campo 53 e consegnati al comandante tedesco, il quale domandò ai fascisti perché non fossimo vestiti.

Neil finisce dunque nell’ospedale del campo, insieme ad una trentina di altri prigionieri ricatturati nei giorni precedenti. La sua detenzione, però, dura poco.

Durante la prima notte scavammo un buco nel muro di mattoni del reparto. Uscii da questo buco quella notte (1-2 gennaio) con un soldato scozzese […] ma dovemmo tornare indietro perché una pattuglia tedesca venne verso di noi.
Durante la nostra settima notte nel reparto (8 gennaio) il sergente maggiore tedesco che ci sorvegliava ci venne a dire che, se fossimo restati lì fino a domani, ci avrebbero portati a Milano. La prendemmo come un invito a scappare. Insieme al soldato [scozzese] […] e ad un fuciliere, uscii attraverso il buco nel muro, che avevamo nel frattempo nascosto dietro un letto. Era una notte di luna piena e i nostri passi dovevano sentirsi bene sula neve congelata; tuttavia, le guardie tedesche non ci fecero caso. […] Mentre uscivamo, io ed i miei due compagni fummo raggiunti da un altro uomo. Attraversammo tre complessi e uscimmo dal campo attraverso un cancello del campo da calcio, che era stato lasciato aperto.

Neil guida i suoi compagni a Mogliano, dal contadino il quale lo aveva accolto all’inizio della sua fuga. Un’ora dopo, giungono altri fuggiaschi, due americani ed un inglese. I tre informano Neil che anche Welsh è riuscito a scappare. Quella notte, il gruppo, decisamente troppo numeroso, decide di dividersi. Gli ultimi arrivati si allontanano in direzione ignota, mentre i tre compagni di Neil si recano ad Ascoli Piceno, poiché conoscono un italiano del posto, il quale li aveva accolti in precedenza. Neil, invece, decide di restare.

Il giorno seguente, Neil si ricongiunge a due facce conosciute: Walker e Woodhouse, i quali erano tornati a Mogliano ed erano riusciti ad evitare di essere ricatturati fino a quel momento. I tre si mettono alla ricerca di Welsh, che trovano proprio a Mogliano.

Lui ed io tornammo dal nostro primo ospite a Mogliano, ma dovemmo andarcene dopo tre o quattro giorni per via delle perquisizioni dei fascisti. Andammo a vivere in una vecchia casa, considerata infestata dai fantasmi e quindi disabitata, vicino a Francavilla. La gente del posto ci rifornì di cibo e soldi e ci fece riparare gli stivali. Dopo che i fascisti smisero con le perquisizioni andammo a vivere in varie case nella zona.

Neil e Welsh vivono così, insieme alla popolazione italiana, per i successivi sei mesi. Il 22 giugno 1944, mentre è a Macina, Neil viene a sapere che truppe polacche dell’Ottava Armata sono nel vicino borgo di San Giusto. Immediatamente, si presenta a rapporto e viene trasferito prima a Napoli e quindi a Salerno.

Tuttavia, Neil compie un’ultima “fuga”, questa volta dalla custodia dei suoi superiori.

Da Salerno tornai senza permesso a Macina per sposare la figlia della famiglia con cui ero rimasto [nascosto]. A Macina incontrai il maggiore Lefroy, un ufficiale della A Force [una unità incaricata di operazioni speciali]. Gli spiegai la mia situazione e lui mi impiegò per 29 giorni a Pedaso [Fermo]. Tornai quindi a Salerno e rimasi lì fino al 16 novembre, tranne che per un breve periodo quando mi fu permesso di andare a prendere mia moglie a Macina.

Il 2 dicembre 1943, Neil è finalmente in Scozia, a Glasgow, dopo quasi due anni in Italia. Durante le sue fughe, la popolazione giocò sempre un ruolo fondamentale. Il matrimonio tra Neil e una ragazza del posto testimonia quanto profondi potessero essere i legami creati da questa insolita situazione.

Campi legati a questa storia

Bibliografia/Fonti

TNA WO 208/3325/59, Neil, D. Prisoners of War Section. Escape/Evasion Reports: Code MI9/SPG: 2803.