Malcom Webster
Australian Imperial Forces
Malcom ha diciotto anni quando decide di arruolarsi. Salpa da Melbourne alla fine del 1940 diretto in Medio Oriente a bordo della nave Mauretania.
In seguito all’evacuazione delle truppe australiane e inglesi da Creta, è imbarcato sul cacciatorpediniere britannico Hereward, colpito per due volte dalla Luftwaffe tedesca. È il 29 maggio 1941, la nave affonda rapidamente a circa otto chilometri a sud di Creta: oltre settanta membri dell’equipaggio muoiono, altri ottanta vengono catturati. Malcom rimane in acqua per oltre cinque ore, quando viene finalmente salvato da una nave della Marina militare italiana. I soldati sopravvissuti, divenuti prigionieri di guerra, sono trasferiti a Scapanto nel Dodecaneso e in seguito a Rodi dove rimangono circa due settimane.
Malcom arriva a Bari il 21 giugno 1941, subito trasferito presso il PG. 66 di Capua. Dopo una breve permeanza parte in treno diretto a nord. Dalla stazione di Bolzano raggiunge a piedi il PG. 118 di Prato all’Isarco, una vecchia birreria riadattata al nuovo uso: «Le condizioni di vita nel campo, sebbene primitive, erano tollerabili con razioni di cibo sufficienti».
Il campo viene chiuso il 25 ottobre 1941 e tutti i prigionieri sono trasferiti presso il PG. 57 di Grupignano.
Il PG. 57 si rivelò un campo di prigionia duro, efficiente, ben amministrato e rigidamente controllato. Il comandante del campo era il colonnello Calcaterra[1]. Era un fascista convinto, in precedenza a capo di un distretto di polizia. Col tempo si sarebbe rivelato un amministratore severo e spietato. Il suo muro in ufficio era decorato da una scritta: «Gli inglesi sono maledetti ma più maledetti sono gli italiani che li trattano bene».
Malcom ricorda il freddo dei mesi invernali. Quell’inverno la temperatura scende fino a -23 gradi centigradi e i prigionieri, mal vestiti, patiscono a lungo. Nel febbraio 1942, inoltre, anche il cibo comincia a scarseggiare a causa della mancata consegna dei pacchi della Croce Rossa. Nonostante tutto, le attività organizzate nel campo -sport, corsi di lingua, teatro, tornei di carte- si rivelano fondamentali per mantenere alto il morale e vincere la noia.
Nell’aprile 1943, assieme ad altri cinquanta uomini, è trasferito presso la Cascina Oschiena, un campo di lavoro dipendente dal PG. 106 di Vercelli. Qui è impiegato nella raccolta del riso e del grano.
È qui che Malcom e gli altri militari vengono raggiunti dalla notizia dell’armistizio: «Questa giornata è stata straordinaria, di grande gioia e festeggiamenti condivisi tra i prigionieri, guardie italiane e contadini»
C’è, tuttavia, grande preoccupazione -viste le notizie che provengono dagli altri campi- circa una possibile occupazione del campo da parte delle truppe tedesche.
I prigionieri australiani decidono quindi di abbandonare in gruppo la cascina per evitare una ricattura.
Con altri tre compagni -William Wrigglersworth, Roger Watterhall, Bert Ridgeway- Malcom trascorre sei settimane nei paraggi di Oschena, nascosto e sfamato dalla gente del posto, sperando in una rapida avanzata degli Alleati.
Quando appare ormai chiaro che la guerra continuerà a lungo, i quattro fuggitivi decidono di incamminarsi da soli verso nord, con l’intenzione di valicare le Alpi.
Dopo alcuni giorni raggiungono un rifugio a duemila metri di altezza e, nonostante la Svizzera sia vicina, non riescono a trovare nessuno che li scorti attraverso le montagne: il freddo e la neve rendono troppo rischiosa tale operazione.
Stabiliscono allora di cambiare destinazione tornando verso Alessandria. Vogliono arrivare a Genova e da lì imbarcarsi per la Sardegna. Man mano che si avvicinano alla città ligure, però, la concentrazione di truppe tedesche aumenta e i quattro fuggitivi faticano a trovare assistenza da parte della popolazione sempre più stremata e impaurita.
Per destare meno sospetti, decidono di muoversi in coppia: Malcom continua il suo viaggio assieme a William (Bill)[2].
I due australiani raggiungono il villaggio di Mezzana Mortigliengo, a nord di Vercelli. Vi si stabiliscono per circa sei mesi, dal dicembre 1943 fino a giugno 1944. È la famiglia di Celio e Mariettina Confienza a prendersi cura di loro, prima ospitandoli nella loro abitazione, poi, quando diviene necessario trovare una nuova sistemazione, a causa della pericolosa “caccia all’uomo” messa in atto dai tedeschi, a rifornirli di tutto quello che serve.
Assieme ad altre due militari inglesi in fuga, anch’ essi stabilitisi nelle vicinanze, Malcom e Bill si trasferiscono in un’area boschiva chiamata “Colline Rosse” ad alcuni chilometri dal paese. Armati di vanghe e picconi costruiscono la loro nuova “casa” sfruttando la presenza di un anfratto naturale.
Malcom suggerì che la loro nuova dimora fosse chiamata “Sosta dei vagabondi” poiché lui e i suoi compagni avevano le sembianze di vagabondi. La permanenza presso la “Sosta ei vagabondi” ebbe inizio il 31 marzo 1944, accompagnata dalla speranza di non essere subito sfrattati.
Grazie al supporto e all’organizzazione di Celio e sua moglie, ricevono cibo e giornali ogni settimana, recuperandoli in un luogo prestabilito nei pressi di Mezzana. Il cammino che devono percorrere per fare rifornimenti è di circa quindici chilometri e si snoda attraverso sentieri impervi e isolati. Si muovono in coppia, impiegando all’incirca quattro ore per arrivare e altrettante per tornare indietro.
Una sera arrivammo all’appuntamento appena fuori Mezzana e aspettammo a lungo prima che Celio comparisse scalzo, senza cibo né giornali. Sembrava estremamente nervoso quando ci ha informati che il villaggio era sotto un rigido coprifuoco, dalle 20:00 fino all’alba del mattino successivo. Inoltre, la zona era pattugliata da truppe nemiche con l’ordine di sparare a chiunque disobbedisse.
Nel giugno ’44, per evitare che la famiglia Confienza e i pochi altri abitanti del villaggio che li aiutano ormai da mesi possano essere messi in pericolo, decidono di allontanarsi definitivamente da Mezzana.
Rifugiatisi vicino Coggiola, si mettono in contatto con alcuni partigiani della zona, con cui iniziano a collaborare, impegnandosi in attività di sabotaggio e disturbo (partecipano, ad esempio, alla distruzione di una linea ferroviaria tra Cossato e Valle Mosso).
Malcom e Bill – con i nomi di battaglia ‘Sydney’ e ‘Melbourne’- sono così progressivamente inseriti all’interno di una delle unità garibaldine presenti in zona: il distaccamento Dellatezza, parte della “Brigata Fontanella” comandata da Giovanni Gnatta, “Topolino”.
La partecipazione alla formazione, come ammette lo stesso Malcom, non è espressione di vicinanza alla causa comunista ma, piuttosto, è alimentata da un profondo senso di gratitudine verso gli italiani che per mesi si sono presi cura di loro, pur sapendo di correre grandi rischi.
Abbiamo apprezzato l’aiuto e il rispetto che ci è stato dato dal meraviglioso popolo italiano del Piemonte. Noi ex prigionieri di guerra avevamo senza dubbio alcune paure e dubbi interiori ma fortunatamente, a differenza di alcuni dei nostri compagni italiani più giovani, siamo stati in grado di controllare questo problema. Ci furono anche momenti nel 1944 in cui vacillammo e avremmo potuto facilmente trovare asilo in Svizzera. Alla fine abbiamo deciso di restare e di dare il nostro contributo.
Malcom è congedato dal movimento resistenziale nel maggio 1945, subito impiegato in missioni alleate in Nord Italia. Nel giugno 1945 da Napoli raggiunge Londra.
L’8 settembre 1945, dopo essere stato dichiarato “morto presunto” per due anni e dopo un’assenza di quasi cinque anni torna finalmente a Melbourne.
Campi legati a questa storia
Bibliografia/Fonti
M. Webster, Un australiano tra i partigiani biellesi, «L’impegno. Rivista di storia contemporanea del Vercellese, del Biellese e dal Valsesia», a. 9, n° 1, aprile 1989, pp. 56-61.
M. Webster, An Italian experience, «Italian Historical Society Journal», vol. 11, n° 1 gennaio-giugno 2003, pp. 4-11.
P. Monteath, K. Kittel, Prisoners of War to Partisans: Australian Experiences in Italy during the Second World War, «War & Society», 40/3 (2021), pp. 188-205, DOI: 10.1080/07292473.2021.1942627
Note:
[1] Emanuele Vittorio Calcaterra entra nell’Arma dei Carabinieri nel 1910; colonnello dal 1933, nel 1940 entra nella riserva, ma viene richiamato in servizio il 16 aprile 1941 e destinato al comando del campo PG. 57; morì a Castagnole Lanze (At) il 28 agosto 1944.
[2] Roger è ricatturato nel gennaio 1944 in prossimità del confine svizzero e trasportato presso lo Stalag di Moosburg in Germana; Bert, afflitto da problemi di salute, decide di consegnarsi autonomamente alle truppe nemiche.