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Fred Milner

Signal Corps

Fred Milner, del Signal Corps, viene catturato dalle truppe tedesche vicino a Tobruk il 21 giugno del 1942, quando aveva 23 anni. La sua esperienza della guerra era stata estenuante: «la mia sfortuna fu di essere nel corpo dei segnalatori, perché significava essere assegnati a specifiche unità, le quali venivano allontanate dal fronte [per permettere ai soldati di riposare] – ma io venivo prontamente riassegnato ad altre unità in azione.» È quindi quasi con sollievo che Fred vive inizialmente la cattura da parte del nemico.

I prigionieri vengono portati dai tedeschi ad un aeroporto, ma questo viene bombardato dagli Alleati. A questo punto, vengono fatti marciare per 33 Km fino alla periferia di Tobruk.

Proprio allora, chi ci sorpassa in macchina, andando nella direzione opposta se non il generale Rommel? Si alzò in piedi sulla macchina e ci fece il saluto. Avevamo un gran rispetto per l’Africa Korps – e loro per noi. Entrambi gli schieramenti, quando si ritiravano, si assicuravano di lasciare sempre dell’acqua per i feriti degli altri.

A Tobruk, Fred viene affidato agli italiani e passa i due mesi successivi in un campo del luogo, infestato dagli insetti e sovraffollato. I prigionieri soffrono il caldo e la dissenteria. Alla fine, Fred e altri sono caricati su una nave e portati a Taranto, e quindi a Brindisi su carri bestiame. La prima sistemazione permanente per Fred in Italia è il PG 75 di Torre Tresca (BA),[1] dove i prigionieri, esausti, malnutriti, bruciati dal sole e infestati dagli insetti sono alloggiati in tende.

Le nostre disavventure peggiorarono poiché la nostra magra razione – 200 grammi di pane e una pinta di maccheroni annacquati che chiamavamo “skilly” [brodino] – inflisse un colpo al nostro fisico e al nostro morale. Anche gli italiani stavano soffrendo la fame, quindi qualsiasi pacco di cibo destinato a noi, anche se sfuggiva ai bombardamenti alleati, veniva saccheggiato.

La situazione è così critica che, poche settimane dopo l’arrivo di Fred, un’ispezione della Croce Rossa porta alla chiusura del campo,[2] e i prigionieri vengono nuovamente caricati su carri bestiame e portati al PG 73 di Carpi, dove perlomeno sono alloggiati in baracche stabili. La situazione alimentare, tuttavia, non migliora poi molto. I pacchi della Croce Rossa arrivano ai prigionieri, ma ogni pacco deve bastare per sei di loro.

Intanto, la guerra va avanti e i prigionieri vengono a sapere della sconfitta di Rommel in Africa e dello sbarco degli Alleati in Sicilia. Quando arriva anche la notizia dell’armistizio, l’8 settembre 1943, i prigionieri sono ottimisti. Gli italiani lo sono forse ancora di più, e il comandante riesce a convincere Fred e i suoi compagni a non uscire dal campo, perché è imminente, a suo dire, lo sbarco degli Alleati anche al nord.

Invece, il giorno seguente, i tedeschi circondano il PG 73 e catturano sia i prigionieri che le guardie. È solo a questo punto che iniziano i tentativi di fuga, perché la prospettiva di venir deportati in Germani non piace ai prigionieri. Fred prende parte ad uno di questi, che porta alla fuga di due suoi compagni, ma non alla sua.

È così che Fred si ritrova nuovamente in un carro bestiame, diretto in Germania. Tuttavia, il convoglio deve fermarsi in Trentino, a causa dei continui attacchi aerei Alleati e questo permette a Fred e un altro prigioniero, Joe, di svitare la grata di ventilazione del vagone, usando un cucchiaio e un coltellino multiuso. Quando il treno riparte, Fred si infila nel foro, si appoggia al respingente del vagone e quindi salta, atterrando dolorosamente sulla spalla.

I vagoni incombevano su di me, sferragliando mentre passavano, con le guardie e tutto, mentre stavo disteso alla base del terrapieno. A una cinquantina di yarde [45 metri], vidi il contrafforte e il muro di cemento di un ponte. Rabbrividii per Joe, e quindi per me stesso, perché capii che mi sarebbe andata male se avessi aspettato a saltare anche un poco in più. Aspettai Joe per quella che mi sembrò una vita, ma non si vece vedere. Lo cercai per un po’ e quindi, trovata una vigna, ci corsi all’impazzata, premendomi con avidità gli acini in bocca, il succo che mi scorreva giù dal mento. Dio, come cantava il mio cuore! Ero libero.

Tuttavia, la sua fuga è appena iniziata e Fred non sa neppure con precisione dove si trova. Per tre settimane, rimane alla macchia, raccogliendo cibo dove lo trova e dormendo dove capita, marciando verso nord con l’intento di raggiungere la Svizzera. Ad un certo punto, incontra altri due fuggiaschi e i tre trovano un granaio in cui dormire. Qui vengono scoperti da una ragazzina, che li conduce dalla sua famiglia che fornisce loro un rifugio, del cibo e abiti civili.

I tre ripartono, ma ben presto uno decide di fermarsi. Fred continua dunque il suo viaggio con Vince Burgess, un sergente della Royal Artillery, superando il passo dello Stelvio. I due continuano a salire sempre più in alto finché, a circa 2700 metri di quota, non incrociano due mungitrici. Le ragazze, Rosina e la sorella Ada, li conducono ad una malga, li sfamano con latte e maccheroni, e quindi, visto che i due sono bagnati fradici, li fanno spogliare perché si asciughino: «ero single all’epoca, e non dimenticherò mai quanto mi sentii in imbarazzo; Vince, invece, che era sposato, fece come se nulla fosse». Fred e Vince si riposano per tre giorni nella malga, e quindi Rosina li conduce «con determinazione e cautela» alla malga di una guida, perché possano finalmente raggiungere la Svizzera. L’uomo accetta, ma i due devono consegnare il rolex di Vince come pagamento.

Dopo un’ultima scalata, Fred finisce così nel campo di internamento di Santa Maria, dove resta fino alla fine della guerra in Italia, quando viene rimpatriato. Solo nel 1979, dopo la pensione, torna in Italia, per rintracciare Rosina e Ada, che ora vivono a Brescia.

Campi legati a questa storia

Fonti

Note

[1] Fred parla di un non meglio specificato campo ad Altamura ma, incrociando i dati, è quasi certo si tratti del PG 75.

[2] Questo secondo il racconto di Fred. In realtà il PG 75 era in chiusura per altri motivi e viene definitivamente chiuso con lo sbarco alleato in Sicilia.