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PG 91 - Avezzano

Autore/i della scheda: Costantino Di Sante

Ingresso del campo n. 91 di Avezzano (AQ) - Archivio AUSSME, Fototeca 2 Guerra Mondiale Italia 507/650

Dati sul campo

Comune: Avezzano

Provincia: L'Aquila

Regione: Abruzzo

Ubicazione: Borgo Pineta - Avezzano

Tipologia campo: concentramento

Numero convenzionale: 91

Numero di posta militare: 3300

Campo per: sottufficiali – truppa

Giuristizione territoriale: IX Corpo d’Armata

Scalo ferroviario: Avezzano

Sistemazione: baraccamento

Capacità: 4000

In funzione: da 03/1942 al 15/09/1943

Comando/gestione del campo: Tenente Colonnello Pietro Tirone (febbraio 1942 – settembre 1943)

Cronologia:
Ditta Mariani lavori manutenzione del campo 21 dicembre 1942 promiscuità con pg indiani
6 marzo 1942 giungono nel campo 140 prigionieri indiani
26 luglio 1942 giungono nel campo 210 prigionieri di origine araba
27 luglio 1942 provenienti dalla Germania giungono nel campo 98 prigionieri britannici scortati da militari tedeschi
28 luglio 1942 una sentinella spara ad un prigioniero ferendolo all’addome
4 agosto 1942 partono dal campo 510 prigionieri indiani diretti in Germania
6 agosto 1942 89 prigionieri indiani partono dalla stazione di Pescara per la Germania
14 agosto 1942 giungono ad Avezzano 92 prigionieri inglesi provenienti dalla Germania

Presenza dei prigionieri alleati nel campo di Avezzano

Data Generali Ufficiali Sottufficiali Truppa TOT
1.4.1942 49 527 576
1.5.1942 49 533 582
1.6.1942 50 647 697
1.7.1942 7 520 527
1.8.1942 11 735 746
1.9.1942 38 802 840
31.10.1942 82 2618 2700
30.11.1942 52 3998 4050
31.1.1943 212 3661 3873
30.4.1943 211 3702 3913
31.5.1943 190 3128 3318
30.6.1943 184 3337 3337
31.8.1943 325 211 2734 3270
 

Storia del campo

Il campo di Avezzano fu una struttura dove furono internati quasi esclusivamente soldati indiani e venne istituito nel “Borgo Pineta”, ripristinando parte dei baraccamenti già utilizzati durante la Prima guerra mondiale per i prigionieri austroungarici. Già dalla primavera del 1941 iniziarono i lavori di riadattamento delle strutture per poterlo riattivare. Ufficialmente fu riaperto verso la fine del febbraio 1942 mentre i primi prigionieri, 140 indiani, vi giunsero solo il 6 marzo seguente. Altri prigionieri indiani arrivano nel corso dei mesi successivi e, nel novembre 1942, con oltre 4.000 presenze viene superata la capienza massima.
In estate, provenienti dai campi di concentramento tedeschi, vi furono trasferiti anche un centinaio di prigionieri medio orientali (palestinesi, siriani, transgiordani, ciprioti, armeni, turchi e somali) mentre dalla struttura abruzzese 510 prigionieri indiani furono inviati in Germania. Questi scambi facevano parte degli accordi italo-tedeschi che, in chiave antibritannica, prevedevano l’invio nel Terzo Reich dei prigionieri indiani che decidevano di volersi arruolare con l’esercito germanico per combattere contro gli inglesi e i russi e di quelli arabi in Italia per poterli reclutare nelle Forze armate italiane. Per invogliare i prigionieri ad arruolarsi, il 23 luglio 1942 fu organizzata una visita da parte di alcuni emissari indiani appartenenti al “Free India Movement” che da tempo vivevano in Europa. Il 19 settembre seguente si presentò un’altra commissione, questa volta inviata dal Gran Muftì per convincere i prigionieri indiani di religione mussulmana. Nel corso del conflitto, spinti anche dal desiderio indipendentista, almeno 2.000 prigionieri indiani di Avezzano decisero di arruolarsi con i battaglioni tedeschi e furono trasferiti oltre il Brennero.
Arabi e indiani erano alloggiati in baraccamenti distinti e con un proprio camp leader. A parte il dover subire la propaganda antibritannica, per invogliarli a fare la scelta di passare con il nemico, ai prigionieri britannici del campo di Avezzano fu riservato un buon trattamento e concesse alcune libertà. Rigorosamente divisi a seconda delle caste di appartenenza e alle diverse fedi, nella dieta a loro riservata, per motivi religiosi, fu tolta la carne e servite razioni più abbondanti di pane, pasta e riso. Inoltre, fu loro permesso di poter tenere barba e capelli lunghi. In generale, a parte alcuni problemi dovuti al sovraffollamento in alcuni periodi e alla poca efficienza dell’impianto idrico, le condizioni di vita furono discrete. Sicuramente migliori rispetto a quelle presenti nel campo di Gruppignano (UD) dove venivano inviati i sikh e coloro che decidevano di non collaborare o di opporsi alla campagna antibritannica.
Nella primavera del 1943 furono costituiti quattro distaccamenti di lavoro, composti da poco più di 50 uomini ciascuno. Due erano stati concessi perché potessero essere adibiti ai lavori agricoli in favore del “Principato del Fucino”: uno viene costituito ad Ortucchio e l’altro presso l’“Azienda Via Nova” di Avezzano; un altro alla “Ditta Bonocasa” dove vennero utilizzati per il carico e scarico del legname nell’area boschiva della frazione di Corvaro del comune di Borgocollefegato (oggi Borgorose) in provincia dell’Aquila. Un quarto distaccamento fu istituito, sempre per l’impiego dei prigionieri in agricoltura, probabilmente nelle campagne vicine al campo.
In seguito all’armistizio non è chiaro quanti furono i prigionieri che riuscirono a fuggire prima dell’arrivo dei tedeschi, probabilmente solo alcune centinaia. Altri, non riuscendo i tedeschi a poterli deportare tutti subito, scapparono nei giorni successivi anche grazie all’aiuto dell’ufficiale medico capitano Giuseppe Croci.
Dal novembre del 1943 il campo fu utilizzato come deposito di passaggio per i trasporti militari. Nonostante l’attenta vigilanza dei carabinieri il campo fu più volte saccheggiato dagli abitanti del luogo. Nel marzo del 1944 diverse baracche furono demolite e il materiale asportato dai tedeschi. Nel corso del dopoguerra, sui circa 450.000 metri quadrati dove sorgeva il campo, sono stati realizzati diversi impianti sportivi e abitazioni private. La parte dell’area dove ancora è possibile trovare qualche traccia delle baracche, è stata ricoperta da una rigogliosa pineta.

Fonti archivistiche

Bibliografia

Risorse online

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