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PG 85 - Tuturano

Autore/i della scheda: Isabella Insolvibile

Dati sul campo

Comune: Brindisi

Provincia: Brindisi

Regione: Puglia

Ubicazione: Tuturano - Brindisi

Tipologia campo: transito - smistamento - contumaciale

Numero convenzionale: 85

Numero di posta militare: 3450

Campo per: sottufficiali – truppa

Giuristizione territoriale: IX Corpo d'Armata

Scalo ferroviario: Brindisi

Sistemazione: attendamento, baraccamento

Capacità: 6500 posti di cui 50 per ufficiali

In funzione: da 05/1941 al 07/1943

Comando/gestione del campo: Col. Evaristo Armani (aprile-agosto 1941); Cap. Giuseppe Favia (febbraio-maggio 1942); Ten. Col. Angelo Albanese (giugno 1942-estate 1943)

Cronologia:
Primavera 1941: i primi contingenti alleati sono assegnati al campo
Marzo 1943: prima visita dei delegati neutrali
Primavera 1943: numerosi contingenti di prigionieri sono assegnati al lavoro all’esterno del campo
18 maggio 1943: il prigioniero Phini, assegnato a un distaccamento, è ucciso da un carabiniere
9 agosto 1943: il prigioniero Madalane, assegnato a un distaccamento, è ucciso da una sentinella
1° settembre 1943: il campo è disciolto

Presenza dei prigionieri alleati nel campo di Brindisi

Data Generali Ufficiali Sottufficiali Truppa TOT
1.3.1942 52 726 778
1.4.1942 110 1452 1562
1.5.1942 109 1443 1552
1.6.1942 33 348 381
1.7.1942 4 87 922 1013
1.8.1942 260 3366 3626
1.9.1942 7 200 1858 2065
30.9.1942 14 158 172
31.10.1942 9 118 127
30.11.1942 221 2678 2899
31.12.1942 293 3291 3584
31.1.1943 291 3259 3550
28.2.1943 291 3254 3545
31.3.1943 514 4305 4819[1]
30.4.1943 465 4557 5022
31.5.1943 313 3838 4151
30.6.1943 357 3625 3982
[1] Compresi 1 sottufficiale e 2 soldati americani.

Storia del campo

Il campo di Tuturano n. 85 sorge nell’omonima frazione di Brindisi, nei pressi della masseria Paticchi. Attivo dalla primavera del 1941, non viene visitato da osservatori esterni fino al 1943, e dunque la documentazione, per gran parte della storia del sito, risultata limitata. Ciononostante, sappiamo che anche Tuturano non rispetta la normativa internazionale riguardante la cura dei prigionieri nemici, la gran parte dei quali chiede, nell’aprile 1942, un aumento della razione alimentare di addirittura il 100%, nonché la possibilità di fare bagni caldi e disinfestazioni, l’apertura dello spaccio, il pagamento regolare delle spettanze, la visita dei rappresentanti dell’ICRC e la consegna dei pacchi. Queste richieste denunciano, è evidente, una situazione di enorme difficoltà, connessa al mancato soddisfacimento delle esigenze più elementari dei prigionieri di guerra. Uno di questi, trasferito a Tuturano alla metà del luglio 1942, lo descriverà nel seguente modo:

Conditions in regard to food, water and hygiene were similar to when I arrived in Benghazi. After the Benghazi experience, I togheter with several others proceeded to organise the camp in which we were placed. Camp 85 consisted of three separate camps, Campo Grande (5000 Europeans), Campo Picolo [sic] (2000 Europeans) and Campo Negri (1000 South African Coloureds, Blacks and North African Blacks). I took over the position of Camp Sgt. Major, Campo Grande. […] The position after a month became intolerable and I advised the Italian Colonel in charge that under the present arrangements I was not prepared to carry on in my capacity of Camp Sgt. Major. Asked to state my reasons, I told him that (a) the prisoners were not in a fit condition to stand for hours on parade twice daily. (b) that the Italian N.C.O.’s working in the Camp were causing a considerable amount of confusion, and thirdly, that the guards on patrol inside the camp were raiding the men’s kit.


Nonostante gli sforzi dello stesso personale prigioniero, la situazione non migliora nei mesi successivi. Molto critiche sono, ad esempio, le condizioni igieniche e sanitarie di un campo che, peraltro, è collocato in una zona malarica. Anche la situazione alimentare è difficile, e spesso i prigionieri possono contare solo sui beni dei pacchi della Croce Rossa Internazionale che, però, non arrivano con regolarità. A peggiorare la situazione contribuisce il comportamento dei detentori italiani che, a detta di alcuni testimoni, sembrano «to take pleasure in annoying the prisoners» [TNA, TS 26/95]. Le punizioni comminate, ad esempio per la borsa nera, sono spesso spropositate e violente. Un ex ospite del campo scriverà:

The P.O.W. in the camp used to trade Italian articles of clothing with the Italian Guards. The clothing was full of lice and not worth putting on. P.O.W. used to trade such articles for food. One day in the camp I managed to get hold of on Italian pair of underpants, they were issued to me. A Sgt. H.S. Lee also had a pair of these pants. The two of us decided to trade our pants with some Italians who were building in the camp. I approached an Italian near the camp Infirmary. I had the underpants under my overcoat. Before I could speak to the Italian, a Cyprian P.O.W caught hold of my coat and held me. […] When I was trying to get a way the Italian Lieut know as the “Yank” arrived on the scene. I understand the Cyprian P.O.W. was used as an informer. […] The underpants were bulging out of my overcoat. The Lieut then pulled them out and took them away. After the Lieut took the pants from me he turned round and hit Sgt. Lee in the face. […] The Italian Lieut. that gave the Carabinieri instructions to tie the two of us to poles near the cookhouse. Both of us were tied up with rope and left there. The Italian Lieut tested the rope with which our hands were tied, and then ordered the rope to be made tighter. This was done after we had been tied up for some time. We were tied up for about three or four hours, when we were released. […] We were deprived of our rations for the day. [TNA, WO 311/320]


Uno dei principali responsabili del maltrattamento dei prigionieri di Tuturano è l’ufficiale interprete, che nonostante una serie nutrita di denunce, presumibilmente non verrà mai indagato o processato. Di lui si conoscono, peraltro, solo il grado e il cognome – tenente Pappi – non essendo il nome presente nella documentazione italiana o britannica. Pappi si rende responsabile di svariate violenze e torture ai danni dei prigionieri, come avrebbe descritto successivamente il sergente maggiore Boult, per un periodo camp leader:

One morning towards the end of March 1942 I went out on to the camp parade ground and observed two prisoners chained back to back with a tree between them. They were chained to each other. I went up to them and I saw that they had been beaten up. One of these men had fainted and his weight was supported by the other man. I spoke to the man who was conscious and he told me that he and the other man had tried to escape the previous night at 2230 hours, that they had been seen and taken and as a punishment they had been chained up in the way in which I found them and that they had been there all night – a matter of eight hours. They were in a very distressed condition. This man told me he and his friend had been knocked about the chest and head with riflle butts by the Italian carabinieri because they had attemped to escape. I went at once to the Italian orderly officer. He was a lieutenant by the name of Papi [sic]. I knew him fairly well as he was the interpreter of this camp. I demanded that the two men be released as the action in tying them up in this manner was contrary to the Geneva Convention. He emphatically refused to release the two men. I warned Lieutenant Papi that I would fall out the parade if the men were not released and as he still refused to let them go I did fall out of the parade. As the carabinieri threatened to shoot I fell in the parade again and was given ten days solitary confinement for my action. I learnt afterwards that the two men were released about seven o’clock that morning. [TNA, WO 311/320]


Nel marzo 1943, quando, finalmente, gli osservatori neutrali vengono ammessi alla visita, Tuturano non funziona più come un campo di transito ma come campo-base per alcuni (dai 13 ai 23, secondo le fonti) distaccamenti di lavoro agricolo distribuiti nelle province di Lecce e Brindisi (aziende agricole duca Battista Guerrini di Scerrano, ammiraglio Granafei di Castel Acquano, fratelli Colosso di Ugento, principe Dentice di Frasso di Carovigno, conte Balsamo Giovanni di Cellino S. Marco). I prigionieri ancora a Tuturano risiedono sia nelle poche baracche in legno, sia, soprattutto, in tende. In queste ultime la vita continua a essere difficile, dato il fango e l’assenza di qualsiasi illuminazione artificiale. Anche secondo i delegati della potenza protettrice si tratta di palesi violazioni della Convenzione di Ginevra. Nonostante questo, le autorità italiane decidono, fin dal 1942, di non costruire nel sito ulteriori baracche – che arrivano ad alloggiare soli 6-700 soldati – e di lasciare i prigionieri negli attendamenti, sia perché il comando di Brindisi non gradisce strutture permanenti nei dintorni della città, sia perché le tende garantiscono un numero di posti di gran lunga superiore.
Lo stato di salute dei prigionieri desta preoccupazioni perché vi sono casi di denutrizione e di malanni provocati dal freddo, oltre alla malaria, poco e mal curata data l’assenza di scorte di chinino. Tra il dicembre 1942 e il gennaio 1943 vi sono ben sette decessi provocati da questa malattia.
Pessima, inoltre, è la situazione del vestiario dei reclusi, che non hanno equipaggiamenti atti a sostituire le logore divise, peraltro estive, che indossano dal momento della cattura.
Nella primavera del 1943, la gran parte dei prigionieri di Tuturano risulta distaccata altrove per il lavoro in agricoltura, ma molti sono impiegati anche nella costruzione di strade nei pressi dell’aeroporto di Foggia. Nel giugno del 1943 circa 300 prigionieri del campo 85 vengono invece inviati a San Pancrazio Salentino, per lavorare presso il locale aeroporto. Si tratta di un impiego chiaramente connesso allo sforzo bellico nemico, forse – le fonti non sono concordi – svolto a favore dei tedeschi, ma sicuramente sotto sorveglianza italiana. La permanenza a San Pancrazio è burrascosa: i prigionieri protestano, scioperano e attuano sabotaggi per reagire all’imposizione del lavoro proibito, e nel frattempo le guardie italiane compiono saccheggi sistematici nei pacchi della Croce Rossa destinati agli uomini che detengono. Oltre a Foggia e a San Pancrazio, i prigionieri di Tuturano lavorano anche presso l’idroscalo e l’aeroporto di Brindisi, San Vito dei Normanni (BR) e Grottaglie (TA).
Il 18 maggio 1943, presso un distaccamento di Tuturano, viene ucciso il soldato sudafricano Johannes (o Joseph) Madalane, dei Native Military Corps. Il soldato è in fila con altri, in attesa della distribuzione di alcune paia di stivali, quando una sentinella, infastidita dai prigionieri che premono all’ingresso del campo, spara nel mucchio, colpendo Madalane, che muore poche ore dopo. A guerra finita, non vi saranno indagini perché le autorità inquirenti britanniche crederanno alla legittima difesa da parte della sentinella italiana.
Un altro episodio si verifica poco prima della chiusura del campo. Il 9 agosto 1943 il prigioniero sudafricano George Phini, impiegato presso un distaccamento di lavoro, viene ucciso da un carabiniere mentre, stando alle fonti italiane, si trova, con altre persone, nei pressi di un vigneto ai limiti del campo di aviazione dell’idroscalo di Brindisi. Il carabiniere, che è addetto alla vigilanza dell’aeroporto, ritenendo di avere «anche l’incarico di salvaguardare le proprietà private limitrofe al Campo» e supponendo che quelle persone si trovino nel vigneto per rubarvi l’uva, invita il prigioniero (e solo lui) a ricongiungersi ai suoi compagni, che stanno consumando il rancio là nei pressi. A quanto pare Phini rifiuta in malo modo, minacciando il carabiniere. Ne nasce una colluttazione interrottasi quando, «di fronte all’atto ribelle del negro» e, si sosterrà, al solo scopo di difendersi, il carabiniere «alla distanza di due metri circa […] spara […] nella direzione del prigioniero un colpo in seguito al quale l’energumeno, colpito, si abbatte […] al suolo». Portato in ospedale, Phini vi arriva ormai morto. L’indagine italiana successiva viene chiusa con la consueta constatazione che «l’operato del carabiniere è stato più che legale di fronte al comportamento minaccioso di un prigioniero, di razza riconosciutamente inferiore, nei riguardi del quale l’Arma ha dovuto per questione di onore e di prestigio dare un esempio dell’autorità che le deriva dalle proprie mansioni». [ACS, MG, CGCC, Miscellanea, scatola 1]. Nel dopoguerra, il carabiniere Giovanni De Vito, responsabile dell’assassinio, viene processato e assolto grazie alla testimonianza di un commilitone, che sostiene che il collega fosse stato aggredito dal prigioniero.
Anche il comportamento del personale di Tuturano diviene oggetto di un’indagine che vede al centro le cattive condizioni di trattamento dei prigionieri, qualche specifico episodio di violenza e il lavoro proibito presso le piste di San Pancrazio Salentino. Un’indagine a parte prende poi in esame la sottrazione di pacchi della Croce Rossa destinati ai prigionieri da parte di ufficiali italiani del campo. La Court of Inquiry tenutasi a Lecce tra il 7 e il 10 luglio 1944 dimostra infatti che nel novembre del 1943 le truppe alleate avevano rinvenuto in alcuni locali dell’ex campo, nonché in alcune abitazioni private di personale a esso addetto, un totale di 2.100 pacchi della Croce Rossa, contenenti cibo, vestiario, sigarette e altri generi di conforto, nonché svariati strumenti musicali, tutta merce evidentemente non consegnata ai prigionieri che abitavano il campo fino all’estate del 1943. Il comandante Albanese è ritenuto responsabile, ma le fonti non ci dicono a che pena viene condannato.
Nell’agosto 1943 il campo diventa sito di transito gestito dalla Wehrmacht, e molti prigionieri sono trasferiti altrove. È ufficialmente disciolto il 1° settembre successivo. Dopo l’armistizio, il sito viene occupato dai soldati britannici e utilizzato per i prigionieri tedeschi. Il comandante italiano, il ten. col. Angelo Albanese, rimane al comando fino all’inizio di novembre, quando il campo viene dismesso.
Del sito restano alcuni ruderi e una limitata memoria locale. Durante il periodo della detenzione dei prigionieri alleati, vi era stato prodotto e distribuito un giornale da campo, «The Tuturano Times», del quale si ignora la regolarità.

Fonti archivistiche

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