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PG 65 - Altamura-Gravina

Autore/i della scheda: Isabella Insolvibile

Ingresso del comando del campo di concentramento n. 65 di Gravina di Puglia (BA) - Archivio AUSSME, Fototeca 2 Guerra Mondiale Italia 507/633

Dati sul campo

Comune: Altamura

Provincia: Bari

Regione: Puglia

Ubicazione: Lama Sambuco - Altamura

Tipologia campo: concentramento

Numero convenzionale: 65

Numero di posta militare: 3450

Campo per: sottufficiali – truppa

Giuristizione territoriale: IX Corpo d’Armata

Scalo ferroviario: Gravina di Puglia

Sistemazione: baraccamento

Capacità: 12000

In funzione: da 04/1942 al 06/1943

Comando/gestione del campo: Col. Vincenzo Cione (aprile-giugno 1942), Ten. Col. Attilio Coppola (luglio 1942-luglio 1943)

Cronologia:
Aprile 1942: apertura del campo
17 maggio 1942: decesso del prigioniero M.C. Moore
Luglio 1942: i prigionieri vengono addetti ai lavori agricoli e edili
Dicembre 1942: decesso del prigioniero Bernard Andrew Foyster
Primavera 1943: un gruppo di prigionieri è impiegato presso l’aeroporto di Foggia
Luglio 1943: chiusura del campo

Presenza dei prigionieri alleati nel campo di Altamura

Data Ufficiali Sottufficiali Truppa TOT
1.4.1942   80 1246 1326
1.5.1942   93 1374 1467
1.6.1942   324 3153 3477
1.7.1942   316 3340 3656
1.8.1942 9 528 5780 6317[1]
1.9.1942 9 507 5536 6052[2]
30.9.1942 9 491 5284 5784[3]
31.10.1942 9 528 6385 6922
30.11.1942 11 683 7233 7927
31.12.1942 11 693 7620 8324
31.1.1943 11 747 8025 8783
28.2.1943 11 647 7905 8563
31.3.1943 11 726 7797 8534
30.4.1943 10 687 5868 6565
31.5.1943 10 628 4673 5311
30.6.1943 10 12 2419 2441
[1] Dei quali, due sottufficiali americani [2] Dei quali, due sottufficiali americani [3] Dei quali, due sottufficiali americani

Storia del campo

Il campo di Altamura-Gravina è il campo più grande d’Italia; è anche, se si esclude il territorio abruzzese, l’unico campo di concentramento del Mezzogiorno, che ospita, per il resto, solo siti di transito. Sebbene le fonti lo nominino quasi regolarmente come campo “di Gravina”, esso sorge all’interno del perimetro del confinante comune di Altamura.
In funzione dall’aprile del 1942, il campo verrà descritto da prigionieri britannici già suoi “ospiti” come un «inferno sulla terra» [TNA, TS 26/95]: razioni alimentari scarse, decessi causati dalla fame, sovraffollamento, mancanza di igiene etc. Come nel caso di altri campi, soprattutto meridionali, e sebbene qui gli uomini siano alloggiati in baracche di pietra, l’umidità e il fango sono gli elementi dominanti dell’ambiente. Il campo, peraltro, sorge nei pressi di una zona paludosa e, dunque, malarica. Si tratta, in sintesi, di un campo che risponde in pieno agli standard nazionali. Ecco come lo descrive il caporale John Cheetham, che vi arriva dall’Africa nel luglio 1942:

Campo 65 was divided into four Settores, each having a similar layout and design and separated from each other by barbed wire fences nine or ten feet high. Surrounding the four Settores was the perimeter fence: a double-barbed fence infilled with coils of wire and bordered, inside the Settores, by a trip wire which we were forbidden to cross at all times. Anyone doing so would be liable to be shot. There were no great watch-towers with searchlights sweeping the compounds after nightfall. Maybe the Italians argued that we were so far south in Italy that escape to a neutral country like Switzerland was too difficult an enterprise and, as a result, security was not ferocious. […] At the top of the Settore were the cookhouses, organised and run by our own cooks, the administrative block where the RSM and CSMs lived, and another store-room which became our canteen. Outside the wire were the Italians’ living quarters. [Cheetham, p. 13]


I prigionieri si dividono per settori e baracche in base alla loro nazionalità: nel periodo di Cheetham, ad esempio, nel campo ci sono due settori per i britannici, uno per i ciprioti e i provenienti dal Mediterraneo orientale, un settore intermedio occupato dai locali cucina e dai lavatoi. I rapporti tra le varie nazionalità ristrette nel campo sono spesso difficili.
Difetti apparentemente “strutturali”, perché perduranti nel tempo, del campo 65, sono quelli relativi a latrine e fogne – e alla conseguente igiene del campo e dei suoi detenuti –, e quelli concernenti la fornitura di beni alimentari. Nella primavera del 1942, la direzione di sanità militare del IX corpo d’armata descrive la situazione nel seguente modo:

Stato delle baracche: buono. Si stavano completando le rifiniture. Vestiario: in buone condizioni. Razione alimentare: ben preparata. Il Comando del campo con i fondi del miglioramento rancio e con le disponibilità del mercato ricco di verdura, riusciva a somministrare due minestre calde al giorno, per cui la deficiente razione di pane non era molto lamentata. Latrine: sufficienti. Però le acque luride, convogliate in un fondo valle distante 100 metri dalla periferia del campo in terreno impermeabile, si impantanavano con conseguenti esalazioni. Indispensabile rimediare al più presto a tale inconveniente. […] Si era avuto il giorno 13 aprile un caso di difterite subito individuato, curato e isolato. Efficienza dei mezzi per la bonifica personale: scarsa.


In realtà a questi problemi non si metterà, come è stato detto, mai rimedio. I testimoni sono concordi nell’affermare che nel campo si siano verificati alcuni decessi causati dalla fame e, soprattutto, dalle malattie – in particolare la difterite e la dissenteria – che non vengono curate adeguatamente, data la carenza di medicinali e attrezzature mediche. Una delle vittime di questo stato di cose è il caporale neozelandese M.C. Moore, morto il 17 maggio 1942. Un testimone dichiarerà:

[he] was suffering from Nerves which I consider was brought on by malnutrition, conditions of the Camp and lack of medical attention. I noticed this man’s conditions and I spoke to the Italians and suggested to them that he be repatriated. As nothing happened I later on spoke to the Italian Padre who assured me that something would be done for Moore. About two days after […] I saw Moore in his bed in the Barracks and he was dying. I immediately sent for the Italian Doctor but he did not arrive until an hour later and Moore was then dead. [TNA, WO 311/1206]


Moore non è l’unico prigioniero deceduto in quel periodo. Lo stato più che precario degli impianti igienici e sanitari, il sovraffollamento, la permanente mancanza d’acqua corrente pulita e potabile, le infestazioni da parassiti, ovviamente aggravano uno stato di cose già tragico. Dopo la guerra, un altro prigioniero racconterà:

This Camp was terribly overcroweded and the housing was very dirty and terribly infested with vermin. Food too was very short and the men were so starving and the lice and insects so bad, that some of them bartered the clothing which had been sent to them in Red Cross parcels from home for food because it was no good keeping clothes, as they became infested by insects at once. [TNA, WO 311/1206]


Si muore, però, anche a causa della negligenza dei detentori. Questo è ciò che accade al geniere Foyster nel dicembre del 1942, nella relazione dell’ufficiale medico sudafricano detenuto e in forza al campo in quel periodo, anche come Senior British Officer:

At the beginning of December 1942, I admitted Sapper Foster [sic per Foyster] […] to the Isolation Ward suffering from Diphtheria. I saw him at noon and his condition was good, a small membrane being visible. I injected him with anti-diphtheritic serums. At 10.30 the same evening I was awakened by a member of the Carabinieri who gave me a note from the R.A.M.C. Staff/Sgt. to say Sp. Foster was dead. I was unable to contact the S/Sgt. that night, but the following morning he told me Spr. Foster commenced laryngeal obstruction at about 7 p.m. He endeavoured to attract the attention of the sentry to summons medical aid. The sentry refused, and on being requested further, raised his rifle. At the changing of the guards at about 9 p.m., the Corporal of the Guard said he would call an Italian Doctor. Sp. Foster died of asphyxia at about 10 p.m. No Italian Doctor ever appeared. Had medical aid been available, a tracheotomy would have saved his life. In my opinion this soldier died from neglect. [TNA, WO 310/13]


Già nel luglio 1942 i prigionieri di Altamura-Gravina cominciano a essere impiegati in alcune attività lavorative, lecite – perlopiù in agricoltura, o in piccole aziende di materiali edili – e poi illecite – presso l’aeroporto di Foggia (dal 1943). Il lavoro è, teoricamente, volontario, ma non di rado la scelta è dovuta al ricatto dei detentori: «we were deliberately starved by the Italians in camp 65 to make us go to work for said Italians on their farms» [TNA, WO 344/11/2], dichiarerà poi un prigioniero. I soldati nemici si dimostrano comunque molto attenti a distinguere tra le attività che possono svolgere e quelle proibite. Un marinaio racconterà successivamente che

our own sergeant majors wanted us to work to put barbed wire but we refused. The camp authorities had not ordered us to work until this suggestion. There was outside work for contractors which prisoners could undertake and for which they were paid and there was also farming, which I did. The farmers were not inclined to pay us, complaining that so much damage was done. [TNA, WO 311/1206]


I prigionieri del campo si rendono protagonisti di scioperi ed effettuano sabotaggi – ad esempio, la distruzione del raccolto – per protestare dopo essere stati costretti a lavorare. Oltre a questo, i tentativi di fuga sono frequenti, e le punizioni comminate talvolta brutali. Il soldato McBean viene picchiato dai carabinieri poiché, fuggito quattro volte dal campo, rifiuta di rivelare dove ha nascosto la pinza tagliafili utilizzata per crearsi un varco nel filo spinato.
Quando, nel marzo del 1943 i rappresentanti della potenza protettrice tornano a visitare il campo, dopo un’assenza di mesi dovuta alla decisione italiana di precludere l’accesso ai siti meridionali per un lungo periodo, Altamura-Gravina ospita 8.639 prigionieri ancora in quattro settori separati da filo spinato, con altri due sempre in costruzione. Sebbene si tratti di un sito destinato a ospitare, una volta ultimato – cosa che non avverrà mai – ben 12.000 prigionieri, i suoi spazi continuano a risultare sovraffollati, le strutture sanitarie primitive, le aree esterne non asfaltate e quindi fangose e inutilizzabili in caso di pioggia, mentre mancano del tutto i locali che possano ospitare funzioni religiose, corsi e lezioni. Ci sono, però un teatrino, un recinto per la boxe, e quattro piccole orchestre, mentre è in allestimento un campo da calcio. I prigionieri hanno anche un foglio notizie che funge da giornale del campo. Per il resto, difettano i rifornimenti, mancano i letti e il riscaldamento, la paglia di ricambio per i primitivi materassi dei prigionieri, nonché qualsiasi tipo di organizzazione per la disinfestazione, sebbene il campo sia sempre, letteralmente, invaso dai parassiti. Carenze regolari, infine, riguardano l’approvvigionamento idrico, l’arrivo dei pacchi della Croce Rossa e, dunque, l’alimentazione dei prigionieri, che su quei beni si basa principalmente. Questo vale, anche, per i medicinali e i materiali infermieristici.
I prigionieri continuano ad ammalarsi, e alcuni a morire – 14 sono i morti tra il maggio 1942 e il maggio 1943 – in particolare a causa di difterite e malaria. Le scorte di chinino, come di consueto, sono insufficienti, e si richiedono alla Croce Rossa, insieme ad altri medicinali, anestetici, disinfettanti.
Una situazione così critica rende difficili i rapporti tra detenuti e detentori. I secondi, a detta dei primi, fanno di tutto per peggiorare la situazione. Ad esempio, loro abitudine è quella di prendere a calci le latte di the dei prigionieri e spegnere i piccoli fuochi che tanto faticosamente essi riescono ad accendere, per preparare bevande calde o per cuocere il cibo dei pacchi della Croce Rossa.
Quando il campo comincia a svuotarsi, in vista della chiusura, le condizioni di vita dei prigionieri migliorano sensibilmente. Il sito viene definitivamente abbandonato dopo l’invasione alleata della Sicilia. Il suo scioglimento è decretato a fine luglio 1943.
Il campo 65 rimarrà nella memoria dei prigionieri come uno dei campi peggiori del panorama italiano. Nel dopoguerra, una lunga lista di denunce e segnalazioni porta all’apertura di più fascicoli concernenti presunti crimini di guerra là avvenuti. Tra questi, il ferimento del prigioniero sudafricano J.A.C. Venter. L’episodio risale al marzo del 1943: durante un appello, Venter viene colpito allo stomaco da una sentinella con la baionetta innestata sul fucile. Secondo la testimonianza della vittima, il ferimento sarebbe avvenuto dopo l’appello, durante una perquisizione del locale adibito alla custodia dei pacchi della Croce Rossa. Mentre i prigionieri osservavano le operazioni, temendo che i carabinieri si appropriassero dei pacchi – cosa che, pare, succedeva abbastanza di frequente – una sentinella li aveva aggrediti urlando di allontanarsi, e aveva ferito Venter con la baionetta. Curato dal medico sudafricano del campo, era stato portato all’ospedale di Altamura con una ferita piuttosto grave. Il comandante del campo, il ten. col. Coppola, avrebbe sostenuto che il ferimento fosse invece avvenuto mentre il prigioniero tentava di allontanarsi dalla baracca durante l’appello. Una guardia aveva tentato di fermarlo ma poi, vistasi sopraffatta, lo aveva involontariamente colpito.
Tra gli altri casi, c’è il ferimento di prigionieri durante tentativi di evasione, le punizioni spropositate – prigionieri ritenuti colpevoli di qualche infrazione vengono chiusi in una cella di 6 metri per 9, che arriva a contenere fino a 30 persone contemporaneamente – i pestaggi e le torture ai quali sono talvolta sottoposti i reclusi, le condizioni tragiche di trattamento, il lavoro proibito, la confisca dei beni personali, l’inadeguatezza delle razioni alimentari, la negligenza nella cura dei soldati ammalati.
Principale responsabile delle violazioni della Convenzione di Ginevra e dei crimini commessi nel campo 65 è ritenuto il comandante Vincenzo Cione che, tuttavia, non verrà processato perché ucciso dai tedeschi a Colle di Compito, subito dopo l’armistizio. Anche il suo successore, il ten. col. Attilio Coppola, viene coinvolto nelle accuse, ma non si hanno notizie su eventuali esiti processuali.
Dopo l’armistizio il campo 65 avrà una lunga storia: gli Alleati lo utilizzano come sito di addestramento, mentre nel dopoguerra diviene un campo profughi, attivo fino al 1962.
Gli ultimi ruderi sono stati demoliti all’inizio degli anni 90 del secolo scorso. Il sito è oggi in fase di recupero, grazie all’interesse e all’attivismo dell’“Associazione campo 65”.

Fonti archivistiche

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