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PG 64 - Colfiorito

Autore/i della scheda: Costantino Di Sante

Dati sul campo

Comune: Foligno

Provincia: Perugia

Regione: Umbria

Ubicazione: Colfiorito - Foligno

Tipologia campo: concentramento

Numero convenzionale: 64

Numero di posta militare: 3300

Campo per: sottufficiali – truppa

Giuristizione territoriale: XVII Corpo d’Armata – dal giugno 1943 Comando Territoriale Corpo d’Armata di Roma

Scalo ferroviario: Foligno

Sistemazione: baraccamento

Capacità: 1500

In funzione: da 10/1942 al 12/1942

Comando/gestione del campo: Capitano Tullio Chechin (Ottobre 1942 – Gennaio 1943 ) – Maggiore Gioacchino Mandini (Febbraio – settembre 1943)

Cronologia:
4 ottobre 1942 arrivo di 200 prigionieri britannici del campo n. 54 di Passo Corese (RI)
13 ottobre 1942 il campo per prigionieri di guerra di Colfiorito viene identificato con il n. 64
Dicembre 1942 il campo viene utilizzato per l’internamento di civili jugoslavi

Presenza dei prigionieri alleati nel campo di Foligno

Data Generali Ufficiali Sottufficiali Truppa TOT
31.10.1942     2 98 100
30.11.1942     2 98 100
31.12.1942     2 98 100
 

Storia del campo

Gli edifici dove sorgeva il campo di Colfiorito hanno una lunga storia. Nel 1882, in un terreno denominato «Campo S. Pietro» di questa frazione del comune di Foligno, il Genio civile costruì 9 capannoni adoperati per le esercitazioni militari durante il periodo estivo. L’area in cui erano stati edificati era circondata da filo spianto e fuori da essa altri due edifici furono utilizzati per l’infermeria e per la cucina. Dopo la Prima guerra mondiale i capannoni tornarono in possesso del demanio statale fino all’agosto 1939 quando il Ministero dell’interno li riutilizzò per l’internamento di una trentina di albanesi a seguito dell’invasione italiana dell’Albania. Visto che le strutture non erano adeguate a fronteggiare la stagione invernale, il Ministeri decise di alloggiare i confinati albanesi in alcune famiglie del luogo.
Le strutture dell’ex poligono rimasero vuote per pochi mesi. Nel luglio del 1940, con l’entrata in guerra dell’Italia, fu nuovamente riaperto dal Ministero dell’interno come campo di concentramento per civili. Fino alla metà del gennaio 1941 vi furono internate oltre 150 persone: antifascisti (tra di essi anche Lelio Basso e Carlo Venegoni), sospetti di spionaggio, «allogeni» della Venezia Giulia, pregiudicati comuni e «zingari».
Con il sopraggiungere del freddo e della neve gli internati furono trasferiti e il campo fu nuovamente chiuso. Con protrarsi del conflitto il Genio militare pensò di ripristinarlo per i prigionieri di guerra. I lavori di adeguamento si protrassero per diversi mesi fino al 14 settembre 1942 l’Ufficio dello SME predispose il trasferimento di 100 prigionieri (53 inglesi e 47 sudafricani) dal campo n. 54 di Passo Corese (RI) al campo Umbro. Quest’ultimi, scelti tra i «volontari», arrivarono a Colfiorito il 4 ottobre successivo. Per circa tre mesi, sotto la giurisdizione del Ministero della guerra, funzionò come campo n. 64 per prigionieri di guerra. In questo periodo, oltre ai lavori di adeguamento dei vecchi capannoni e di alcune infrastrutture, fu costruito il «campo nuovo». Composto da sette baracche di legno e un fienile, fu realizzato sulla collina adiacente quello già esistente. Con questi ultimi lavori la capacità complessiva sarà di 1.500 posti.
Il 24 dicembre 1942 Colfiorito cessa ufficialmente di essere un campo per prigionieri di guerra. Dal gennaio 1943, sempre sotto la giurisdizione del Ministero della guerra, diventa un campo di concentramento per civili montenegrini e non sarà più indicato con il numero convenzionale 64. Al posto dei 150 prigionieri britannici, trasferiti in altre strutture, dal campo n. 77 di Pissignano arriveranno 700 civili montenegrini. Circa un altro migliaio di civili, rastrellati durante le azioni di controguerriglia nei Balcani, vi furono fatti affluire nei mesi seguenti e in parte furono utilizzati nel campo di lavoro n. 117 di Ruscio (PG) e nel distaccamento di lavoro di Cittaducale (RI).
Il 22 settembre 1943 gran parte dei 1.500 internati, in accordo con i sorveglianti, a fuggire e molti di essi si unirono alle brigate partigiane; alcuni furono ripresi e portati al campo n. 77 di Pissignano per essere poi deportati nei campi di lavoro in Germania. La stessa sorte toccò ai circa 300 (indecisi, malati e anziani) che rimasero nel campo.
Con la liberazione del territorio i soldati inglesi vi si accamparono e utilizzarono come legna da ardere le baracche del «campo nuovo». Dopo il conflitto le «casermette» furono riutilizzate dall’esercito per le esercitazioni militari. Negli anni successivi al terremoto del 1997 gran parte dell’area fu ceduta al comune di Foligno che la riorganizzò per ospitare alcuni servizi e attività commerciali. Successivamente, in una delle baracche restaurate, sarà aperto il centro informazioni e il museo del parco naturalistico di Colfiorito, mentre nelle due palazzine esterne sarà realizzato un museo archeologico.
Dall’inizio degli anni duemila, l’Istituto per la Storia dell'Umbria Contemporanea e l’Associazione Nazionale ex deportati nei lager nazisti hanno portato avanti un’attività didattica e di ricerca perché l’ex campo di Colfiorito fosse riconosciuto come luogo di memoria. Negli ultimi anni l’Associazione culturale Officina della Memoria di Foligno sta portando avanti un progetto per la realizzazione di un memoriale in una delle «casermette» restaurate.

Fonti archivistiche

Risorse online

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