Henry (Harry) James Rock
11° Battaglione Commando Royal Marines
Dal 1939, fino al momento in cui si unisce all’11° Battaglione Commando, Harry presta servizio nei Royal Marines partecipando a diverse missioni.
Nel settembre 1942, salpa per Alessandria e raggiunge Tobruch con l’obiettivo di prendere parte alla Operation Agreement[1] (13-14 settembre 1942). Si tratta di una missione male organizzata, destinata fin da subito al fallimento. Ne pagano le peggiori conseguenza i soldati in prima linea, come ricorda lo stesso Harry: il suo gruppo di Marines viene infatti fatto sbarcare in un posto diverso rispetto a quello inizialmente comunicato e accolto dal fuoco nemico. I tedeschi erano evidentemente già a conoscenza dei piani dell’operazione. Oltre 300 soldati della Royal Marines perdono la vita, molti altri sono catturati.
Ci siamo arrampicati sulle rocce e abbiamo riflettuto su cosa fosse meglio fare in quel momento. Nell’azione che seguì ho riportato una ferita al collo, ricordo vagamente di essermi stretto uno straccio attorno alla ferita per arginare l’emorragia. Stavo perdendo molto sangue e alla fine sono stato prelevato da una pattuglia tedesca e trasportato alla loro base. Il mio collo è stato curato da un ufficiale italiano che affermava di essere un medico. Ha detto che erano a corto di attrezzature e hanno dovuto usare un comune coltello per operare. Mi ha suturato la ferita con un ago da cucito, lasciando una cicatrice che ho ancora oggi. Dopo la solita ondata di domande e di mie risposte evasive, mi è stato detto di prepararmi perché sarei stato trasferito a Bengasi in un campo per prigionieri di guerra.
Dopo una permanenza di quasi due mesi presso il campo di Bengasi in balia della fame, della sporcizia, dell’eccessivo caldo di giorno e del freddo di notte, Harry riceve notizia che sarà trasferito in Italia. Raggiunge Bari, dove rimane per alcune settimane in ospedale per curare la ferita al collo. Una volta guarito viene inviato a nord, presso il PG. 47 di Modena[2].
Nel campo incontra alcuni militari che erano stati assieme a lui nel campo di transito di Bengasi; fa amicizia con Jack Fallon, con cui condivide il cibo e i piani di fuga: «alla fine siamo riusciti a scappare mischiandoci tra alcuni operai che uscivano dal campo».
Insieme si dirigono verso sud, vivendo principalmente di frutta e verdura rubata, e muovendosi di notte. Nei pressi di Assisi, tuttavia, vengono ricatturati da una pattuglia tedesca e inviati a Perugia[3], dove rimangono alcuni giorni in attesa di partire per la Germania.
Durante il viaggio in treno verso Milano, Harry e Jack provano nuovamente a fuggire realizzando una foratura tra le assi del pavimento del vagone. Hanno quasi completato l’opera mentre il convoglio entra in stazione a Milano. Quando, durante le perquisizioni di rito, i militari tedeschi scoprono l’apertura sul suolo, minacciano di morte tutti gli occupanti del vagone. È l’intervento di un ufficiale più indulgente a salvarli.
Proseguimmo il viaggio verso la Germania e, arrivati a una piccola stazione sul versante tedesco del Brennero, fummo tutti scaricati su un binario di raccordo. Jack notò un treno fermo di fronte al nostro, che sembrava carico di armi e diretto a sud, e poiché in quel momento la guardia si era allontanata da noi riuscimmo a scivolare lungo il binario di raccordo e a infilarci sotto il treno blindato, che partì subito dopo e ci riportò spediti attraverso il Brennero in Italia. Ci siamo fermati in una cittadina chiamata Bolzano, e siamo rimasti nascosti nel sottobosco fino al buio, quando abbiamo iniziato ancora una volta la nostra marcia verso sud raggiungendo Verona.
Dopo molti giorni di cammino sono a Cesena. Raggiungono poi il fiume Sangro, in Abruzzo, e qui incontrano altri due prigionieri in fuga, con cui condividono una parte del successivo cammino; dopo aver rischiato di essere ricatturati da un gruppo di fascisti, decidono di separarsi per ragioni di sicurezza.
Harry e Jack proseguono così il loro viaggio attraversando il fiume Sangro, per poi dirigersi verso l’entroterra, fino a raggiungere il Gran Sasso, con l’obiettivo di valicare la catena montuosa. Finiscono però nelle mani di una pattuglia tedesca che li impiega prima come operai nella costruzione di opere belliche in zona e li trasferisce poi presso il PG. 21 di Chieti. Harry è ancora prigioniero, ma non abbandona l’idea di fuggire di nuovo.
All’interno del campo partecipa, assieme ad altri quattro compagni -una delle persone coinvolte è Len Cooper, con il quale stringerà una lunga amicizia di “fuga”- alla realizzazione di un tunnel iniziato da altri militari e completato in circa due settimane.
Il tunnel è pianamente utilizzabile e consente loro di evadere. Harry e Len, ritrovatisi nel bosco antistante la struttura dopo l’evasione, decidono di dirigersi verso nord-ovest per allontanarsi dagli altri prigionieri di guerra fuggiti assieme a loro, tutti in cammino verso sud.
Seguono il corso del fiume Pescara per orientarsi. L’obiettivo è quello di allontanarsi il più possibile da Chieti. Portano avanti questa strategia per alcuni giorni, quando decidono di allontanarsi dal fiume e di raggiungere il paese di Scanno. Viaggiare diventa sempre più difficile a causa della neve secca che rende faticoso il cammino.
Eravamo entrambi molto stanchi a questo punto e decidemmo di cercare una fattoria contadina isolata. Come si usava in queste occasioni, la porta venne aperta dalla padrona di casa, e da lontano ci facemmo conoscere come fuggitivi inglesi. Non riusciva a capire l’inglese ma nel nostro italiano le abbiamo fatto comprendere quello che volevamo. Sembrava capire abbastanza da invitarci a incontrare tutta la famiglia. Siamo stati accolti con entusiasmo e cortesia e molto rapidamente ci è stato fornito del cibo, e i nostri indumenti esterni bagnati sono stati presi e asciugati. Molte di queste famiglie contadine erano contro i tedeschi. Poi fummo portati nella stalla, che a quel tempo nella maggior parte di queste fattorie contadine si trovava immediatamente sotto la casa principale. I letti di paglia sono stati preparati per noi nelle mangiatoie delle mucche, dove abbiamo trascorso la nostra prima notte, dopo tante passate all’esterno, in letti di paglia con le mucche che ci respiravano addosso.
Quando di nuovo in viaggio si imbattono in un piccolo gruppo di prigionieri guidati da un italiano che li sta accompagnando verso le linee alleate. Harry e Len decidono di unirsi alla compagine e scoprono che i militari, fermi da qualche tempo, stanno aspettando degli aviolanci americani di cibo e vestiti. L’aereo arriva effettivamente alcuni giorni più tardi, ma il lancio è sbagliato e il materiale viene disperso. Inoltre, una pattuglia tedesca segue l’operazione e il giorno successivo trova e circonda il gruppo di fuggitivi. Harry è di nuovo dietro al filo spinato, questa volta presso il PG.102 de L’Aquila.
Il centro di detenzione de L’Aquila era un vecchio ospedale trasformato in una sorta di caserma e noi eravamo detenuti in una sezione al piano terra, sul retro dell’edificio, in una grande stanza. Dormivamo in letti a castello di legno: quattro uomini per ogni unità letto. Len e io abbiamo riunito alcuni degli altri occupanti e abbiamo iniziato, ancora una volta, il doloroso lavoro di realizzazione di un tunnel. Continuammo il nostro tunnel per alcuni giorni e stavamo facendo progressi relativamente buoni finché una mattina fummo sorpresi quando il comandante tedesco ordinò a tutti noi di uscire per un appello speciale. Fummo fatti sfilare tutti fuori nel cortile perché facesse un’ispezione interna, era evidente che qualcuno aveva informato i tedeschi del nostro tunnel e questo fu trovato e ostruito. Siamo stati tutti sottoposti a punizioni piuttosto dure, ovvero molteplici appelli nel cuore della notte e razioni di cibo molto ridotte.
Alcuni giorni più tardi, Harry e Len sono nuovamente spostati, questa volta vicino Firenze[4]. Nel giro di alcune settimane i due mettono su un nuovo progetto di fuga, questa volta attraverso le fogne della struttura.
Entrammo nell’ingresso della fogna dopo l’appello serale e cominciammo a strisciare verso l’apertura, che secondo noi era a circa 30 metri dal perimetro del campo. La puzza nel tunnel era opprimente e ad un certo punto siamo quasi tornati indietro. Ci siamo obbligati a proseguire e finalmente abbiamo raggiunto l’uscita coperti di melma. Sfortunatamente la nostra libertà dopo tutti questi sforzi è stata di breve durata perché fummo presto ricatturati e riportati al campo. Ripensandoci eravamo entrambi piuttosto contenti perché avevamo raggiunto il punto in cui non potevamo più sopportare la sporcizia e l’odore, che ha vissuto con noi per settimane.
È l’ultimo tentativo di fuga di Harry e Len, ormai stanchi e indeboliti. Di lì a poco saranno trasferiti in Germania, presso lo Stalag VIIA di Moosburg, dove rimarranno fino al maggio 1945.
Negli anni a seguire mi sono chiesto spesso: perché ho rischiato così tanto tentando di fuggire? È stata una sfida e mi ha permesso di rimanere “sano di mente”.
Campi legati a questa storia
Bibliografia/Fonti
Harry Rock, memoria privata, (1985), https://archives.msmtrust.org.uk/pow-index-2/rock-harry/
Note:
[1] L’obiettivo della Operation Agreement era quello di minare lo sforzo bellico dell’Asse in Nord Africa distruggendo aeroporti, strutture portuali, navi di rifornimento, veicoli e grandi depositi di petrolio.
[2] Nel testo scritto da Harry Rock viene citato erroneamente come PG. 45.
[3] Non viene precisato in qualche struttura. Probabilmente si tratta del carcere della città.
[4] Non è stato possibile identificare il campo “vicino a Firenze” a cui si riferisce Harry nelle sue memorie.