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Albert William Benstead

Il guastatore Albert William Benstead, di professione un carpentiere nel Cambridgeshire, viene catturato, con tutta la sua compagnia, il 30 maggio 1942, nel deserto tra la Libia e l’Egitto. Inizia così il suo lungo viaggio verso il PG 53 di Macerata, che dura più di un anno. Inizialmente, viene rinchiuso in un campo vicino a Bengasi per qualche giorno, per poi essere trasferito a Tripoli. Il 3 luglio 1942, viene portato a Brindisi, dove sosta una settimana prima di essere trasferito al PG 66 di Capua, un capo di transito dove rimane per due mesi. Il 14 settembre 1942, passa al PG 87 di Benevento, e il mese successivo al PG 65 di Gravina (BA), un campo noto per le terribili condizioni in cui i prigionieri sono costretti a vivere e dove Albert trascorre otto mesi. Nel luglio 1943, le autorità italiane decidono di sciogliere il PG 65 e i prigionieri vengono disperi in altri campi. Albert finisce così in quello che sarà la sua ultima sistemazione in Italia, il PG 53 di Sforzacosta (MC).

Albert non tenta mai di fuggire ma, all’annuncio dell’armistizio, l’8 settembre 1943, decide che è venuto il momento di fare qualcosa. «Dopo che l’armistizio fu annunciato […] le guardie italiane al campo 53 furono aumentate di numero. Nel pomeriggio del 15 settembre, tutte le guardie abbandonarono il campo». Prendendo esempio dagli italiani, Albert e tre compagni, l’autista Johnson dei segnalatori, il granatiere Pearson e il soldato semplice Wills, lasciano il campo, uscendo dai cancelli. Marciano verso sud-est, arrivando a Monteleone di Fermo (FM) il 18 settembre. Rimangono qui, probabilmente protetti dalla popolazione, per circa un mese, finché il 20 ottobre, incontrano due paracadutisti, i caporali Weaver e Brown. Questi dicono loro di dirigersi al punto scelto per evacuare i prigionieri fuggiaschi via mare, un ponte stradale situato circa 4 Km a nord del borgo di Cupra Marittima (AP).

Il gruppo arriva al luogo designato il 23 ottobre, dove ci sono già circa 400 prigionieri. L’evacuazione, però, non riesce: «poco dopo ci fu una schermaglia tra i commandos e i tedeschi e i fascisti. Ci fu detto di disperderci». I quattro compagni ripiegano su Rocca Monte (AP)[1], qui il gruppo si divide e Johnson e Wills si dirigono verso Monteleone (FM), mentre Albert e Pearson trovano ospitalità presso due famiglie del luogo e si fermano nel paese fino all’inizio di gennaio 1944.

All’inizio di gennaio, Albert e Pearson ricevono la visita di un ufficiale italiano, il capitano Fisher, che dice loro di un nuovo piano per evacuare i prigionieri fuggiaschi via mare. Il 7 gennaio, dunque, i due si rimettono in cammino, condotti da delle guide, e giungono sulla costa il 12, circa 15 Km a ovest di Pescara. Tuttavia, anche questo tentativo fallisce: «circa mezz’ora dopo il nostro arrivo lì venimmo a sapere che la zona era stata circondata dai tedeschi e ci disperdemmo». Albert si dirige verso nord, ma stavolta viene intercettato da una pattuglia nemica e catturato, a mezzanotte del 15 gennaio, alla periferia di Giulianova (TE). Tuttavia, non si dà per vinto:

Mi portarono ad una guardiola. La porta fu chiusa e una sentinella messa all’esterno. A mezzanotte, tra il 16 e il 17 gennaio, rimossi le zeppe dalla finestra della stanza e riuscii ad alzare la metà inferiore della finestra. Sguscia nell’apertura e riuscii ad evitare la sentinella. Strisciai per un po’ attraverso i giardini finché non incontrai un italiano che mi disse che una brigata tedesca stava bivaccando nella zona. Continuai a strisciare per ore e superai molte sentinelle tedesche. Alle 7 e mezza del 17 gennaio incontrai un altro italiano, che mi scortò fino ai monti e mi diede indicazioni [su come proseguire].

Grazie a questo aiuto, Albert raggiunge nuovamente Rocca Monte il 21 gennaio, dove si ricongiunge con Pearson, anche lui tornato al villaggio, «i suoi piedi erano in brutte condizioni per via della marcia forzata». Anche Fisher si rimette in contatto con loro, ma per ora devono aspettare gli sviluppi della situazione. I due restano quindi nel borgo fino al 20 marzo 1944, quando i fascisti si fanno vivi nel paese, costringendoli a lasciare il loro nascondiglio. Tuttavia, restano in zona, ospiti delle famiglie del luogo e cambiando spesso casa.

Il 13 maggio, ricevono un nuovo contatto da un italiano proveniente da Roma, che dice loro di recarsi a Rotella (AP), dove si sta organizzando una nuova evacuazione di prigionieri fuggiaschi. Albert e Pearson vi si recano con altri 12 prigionieri e sono sistemati dagli abitanti in varie case. Il giorno dopo, Albert scopre che i tedeschi hanno compiuto una retata molto precisa, catturando 12 dei suoi compagni, incluso Pearson. Solo lui e il soldato semplice Rickett hanno la fortuna di scamparla e fuggono nei campi intorno al vicino villaggio di Ripatransone (AP). Anche in questo precario nascondiglio, vengono aiutati dalla popolazione, che porta loro cibo per oltre un mese, fino al 19 giugno 1944, quando le avanguardie alleate entrano in paese, traendo così in salvo i due fuggiaschi.

Identificato, Albert viene inviato a Napoli, dove ha un incontro inaspettato: incrocia infatti Johnson, da cui si era separato alla fine di ottobre a Rocca Monte. Il loro ricongiungimento viene però funestato dalla notizia, riferita ad Albert dallo stesso Johnson, della morte dell’altro loro compagno, Wills, ucciso nei mesi precedenti dal nemico.  
Infine, Albert riparte per Liverpool il 31 luglio 1944, dopo due anni in Italia.

Fonti
  • TNA, WO 208/3324/75, Benstead, A W. Escape/Evasion Reports: Code MI9/SPG: 2784.

 


Note:

[1] Non viene specificato, ma si tratta quasi sicuramente di Rocca Monte Calvo.